Savoldi: "Dispiaciuto per l'addio di Spalletti, ci sto male! Ma c'è da chiedersi perché gli allenatori durano così poco a Napoli"

Le Interviste  
Savoldi: Dispiaciuto per l'addio di Spalletti, ci sto male! Ma c'è da chiedersi perché gli allenatori durano così poco a Napoli

L'intervista di Beppe Savoldi all'edizione oggi in edicola di Repubblica Napoli: le parole su Spalletti e non solo

Ultime notizie Napoli - Giuseppe Savoldi, Beppe-gol o Mister due miliardi, come era chiamato nel decennio Settanta-Ottanta, ha parlato all'edizione napoletana di Repubblica:

Savoldi, si gioca una partita che non ha molto da dire riguardo alla classifica ma che per lei è un po’ la partita del cuore…

«Bologna-Napoli? Ma è la storia della mia vita sportiva! Sì, Bologna è la mia città di adozione, lì sono nati i miei figli, e la società che ha puntato su di me per otto meravigliosi anni. E Napoli è il luogo che mi ha fatto sognare, dove ho creduto di poter fare qualcosa di unico e importante come vincere lì uno scudetto. Tenete conto che l’anno prima gli azzurri erano arrivati secondi a due punti dalla Juve…».

Ma non fu tricolore: perché?

«Uso i concetti espressi da Vinicio: la squadra non era più quella, aveva già dato tutto in precedenza sia a livello fisico che mentale. E poi il nostro allenatore considerava una perdita gravissima la cessione di Clerici. Secondo lui con “El gringo” ( soprannome della punta argentina) accanto, le mie prestazioni sarebbero salite di livello, lo considerava il mio partner ideale».

Il momento più bello in campo?

«La vittoria in Coppa Italia nel 1976 contro il Verona con una mia doppietta. Fu, finalmente, un trofeo per il Napoli. Un titolo, comesi dice oggi, e mi spiace di non averne regalato altri alla città e alla sua inimitabile tifoseria. Ma ho anche un altro magic moment da ricordare…».

Sarebbe?

«Quando allo stadio più di gridare “Napoli, Napoli”, urlavano “Beppe, Beppe”. Ma si rende conto di quanto mi hanno amato? Un amore ricambiato totalmente. Amo Napoli e il Napoli. E ancora, per la verità, vibro d’orgoglio per un altro episodio».

Racconti...

«L’altro momento indelebile nella mia memoria fu quando indossai la fascia di capitano. Merito del mio grande amico Beppe Bruscolotti, sì, perché sarebbe toccato a lui mavolle che capitano fossi io. Mi vuole un bene dell’animo, Beppe. Trovò anche una giustificazione, diciamo tecnica: sai, mi disse, io faccio il difensore e capita di dare qualche calcione agli attaccanti e allora diventa difficile avere un rapporto sereno con l’arbitro. Tu, invece, bomber, sei l’ideale. E così fuiincoronato capitano del Napoli».

Sarà stato felice, dunque, per questo scudetto stravinto…

«Felicissimo. Mi complimento con Spalletti e Giuntoli per aver creduto ciecamente in questi giovani che sono arrivati e che pure erano corteggiati da altre squadre che, però, evidentemente nonpensavano che potessero fare la differenza».

Domanda di rito: il segreto di questo successo qual è stato?

«Osimhen e Kvaratskhelia. Irresistibili. E, mi ripeto, brava la società azzurra ad aver creduto in loro da subito».

Ma adesso Spalletti andrà via…

«E io sono dispiaciuto e ci sto male. Luciano ha fatto benissimo e ha costruito un sistema di gioco complesso ed efficace. E poi io e i tanti amici che ho in città cominciamo a chiederci: ma perché gli allenatori durano così poco al Napoli? Cosa c’è che non funziona perché un tecnico non possa stare a lungo, se ha fatto bene, sulla panchina azzurra? E in questo caso: di chi è la colpa? Di Aurelio De Laurentiis o di Spalletti?».

Beppe Savoldi
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