Pedullà attacca: "Squalifica a Inzaghi e Calhanoglu? Una barzelletta che non fa ridere, la Giustizia Sportiva non esiste"

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Pedullà attacca: Squalifica a Inzaghi e Calhanoglu? Una barzelletta che non fa ridere, la Giustizia Sportiva non esiste

Alfredo Pedullà, in un lungo sfogo sul suo canale YouTube, ha attaccato duramente la giustizia sportiva italiana, definendola ormai “inesistente”. Lo spunto è l’ultima sentenza che ha portato alla squalifica di Simone Inzaghi e Hakan Calhanoglu per rapporti ritenuti inappropriati con le Curve, ma il discorso si allarga a un sistema che secondo il giornalista "non ha più alcuna logica".

Se riuscite, provate a mettere da parte i toni accesi e il tifo, e cercherò di spiegarvi meglio il mio punto di vista. Capisco perfettamente che siate coinvolti emotivamente, ed è normale. Ma se penso a quanto accaduto alla Reggina, estromessa dalla Serie B in modo assurdo, o a squadre come il Chievo scomparse da un giorno all'altro, allora mi rendo conto che la disparità nel sistema è ormai una costante sempre più evidente.

Prendiamo un esempio pratico: se un giocatore come Yildiz dà una gomitata istintiva, prende due giornate di squalifica. Ma in altri casi, si patteggia e si prende solo una giornata. Non dovete stupirvi: finché il sistema sarà gestito in questo modo, continuerà a non funzionare.

La federazione non funziona. Gravina è stato rieletto — non da me e nemmeno da voi. Le domande vanno fatte a chi lo ha riportato lì e oggi si lamenta. Altrimenti non vi resta che accettare le storture del sistema, che oggi si applica in un modo e domani in un altro, con riferimenti che vanno da casi del 2017 a quelli del 2025. O decidete che vale la pena continuare a seguire questo mondo, oppure smettete di indignarvi e cambiate canale.

Facciamo un paragone semplice: se domani mattina andate contromano in autostrada e vi sospendono la patente, non ve la restituiscono dopo un giorno. Passano almeno sei mesi. Ma in Italia succede anche che dopo quattro giorni uno torni a guidare, e poi venite a chiedere spiegazioni a me. La verità è che la giustizia sportiva non esiste. E non abbiamo bisogno di Chiné, parlo chiaramente del suo ruolo come procuratore federale.

Non mi permetterei mai di giudicare la persona — non ci ho mai nemmeno parlato — e so che fuori dal calcio è un professionista stimato, viene da Bovalino, in Calabria. Ma nel suo incarico nel calcio, secondo me, ha perso più di un’occasione. È stato nominato nel 2019, subentrando a Pecoraro dopo le dimissioni. E da allora ha “perso il treno” almeno sette-otto volte. La prima? La vicenda dei tamponi della Lazio. Vi ricordate? Tutto il castello accusatorio crollò, ma lui era convinto della gravità del comportamento del club. Secondo me, in quel momento avrebbe dovuto fare un passo indietro. Un po’ come se un preside venisse smentito dagli insegnanti. Non parliamo più di giustizia sportiva, perché davvero non esiste.

Non abbiamo bisogno di Chiné, perché nelle sue scelte va sempre contro logica. O almeno, contro la logica di otto anni fa, quando certe decisioni sembravano chiare. Oggi la giustizia sportiva è morta e sepolta. E non è solo per il caso di oggi. Pensate ai tamponi, alle richieste ignorate o respinte, alle assoluzioni improvvise, alla gestione del tema ludopatia, al sistema arbitrale, ai “labiali” ripresi in TV… è tutto un grande caos.

Secondo me, il patteggiamento dovrebbe essere abolito. Cosa c’è da patteggiare? Voglio sapere se sono colpevole o innocente. Bianco o nero. Rosso o grigio. Non voglio essere “azzurro”, cioè restare nel mezzo. E se pensate che le cose possano cambiare da un giorno all’altro, vi state illudendo. È del tutto evidente che ci siano figli e figliastri. Un peso e cento misure: la bilancia pende sempre da una parte. E certe cose le avevo già segnalate da tempo, non è che ci sia da stupirsi. Per me, è semplice: o sei colpevole, o non lo sei. Gli avvocati potranno girarci intorno quanto vogliono, ma per quanto riguarda la ludopatia, non esiste patteggiamento. Se un calciatore scommette quando non dovrebbe farlo, deve essere radiato. Punto. Una volta era così. Ora invece cerchiamo il solito compromesso all’italiana: mediazioni, aggiustamenti, “troviamo una soluzione”.

Tutto questo lo dico anche alla luce della vicenda "doppia curva", che in queste ore sta facendo molto discutere. Parlo della sentenza arrivata dalla tarda mattinata: una giornata di squalifica per Simone Inzaghi e Calhanoglu, una multa per Zanetti. Marotta non è stato coinvolto solo perché ha collaborato per chiarire la situazione. Ma questo è il sistema che ci troviamo davanti. Se avete votato per un altro mandato di Gravina, vi siete consegnati al peggior presidente federale della storia. Quindi non abbiamo bisogno di Chiné: è una figura irrilevante in questo contesto. Nessuno saprà mai davvero spiegare cosa è successo. La disparità di trattamento è evidente, e la squalifica inflitta due giorni prima di una partita importante è una barzelletta che non fa ridere.

Ricordate anche la sentenza sulla Juventus: Agnelli era stato ritenuto colpevole e aveva ricevuto una squalifica, poi ridotta a tre mesi, ma comunque una squalifica. Io, con l’ex procuratore Pecoraro, avevo anche un rapporto diretto. A volte mi chiamava la mattina per commentare le mie parole in TV. Mi diceva che non era d’accordo, e io gli spiegavo il mio punto di vista. Preciso sempre che le mie opinioni non nascono da uno studio tecnico o legale della materia — non è la mia specializzazione — ma da osservazioni giornalistiche e personali.

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