ISS, Brusaferro: "Riapertura graduale, ma se i contagi salgono ci sarà nuovo stop. Seconda ondata in autunno? Potrebbe esserci anche tra un mese"

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ISS, Silvio BrusaferroISS, Silvio Brusaferro

Coronavirus, le parole di Silvio Brusaferro

Ultime notizie. Silvio Brusaferro, presidente dell'Istituto Superiore per la Sanità, ha rilasciato alcune considerazioni ai microfoni di Repubblica

Come faranno i genitori dei bambini, soprattutto i più piccoli, che ricominceranno a lavorare?

«Qualunque sia la misura che si adotta, all’inizio ci sono delle asincronie, nel senso che non tutto quello che ruota attorno ad un settore è allineato. Bisognerà che le autorità e i datori di lavoro trovino delle forme di flessibilità per superare questo problema delle famiglie. Io qui voglio ricordare che siamo ancora nel periodo epidemico e che viviamo una situazione eccezionale».

I bambini non sono colpiti dal virus, questo non dovrebbe rendere più semplice riaprire le scuole?

«Sono colpiti meno ma comunque i casi ci sono e contribuiscono alla circolazione del virus. Quando parliamo di scuole però non ci riferiamo solo alla presenza fisica di più persone tra le quali adulti come docenti e personale in un luogo confinato, fatto già di per sé pericoloso. Dobbiamo anche considerare quello che gira intorno, gli spostamenti da e per gli istituti di genitori, magari di nonni, e altri. È un po’ il ragionamento che abbiamo fatto sul settore produttivo: non si valuta solo il rischio per la singola attività ma anche quello legato agli spostamenti dei lavoratori, cioè l’impatto in senso ampio».

E i centri estivi?

«Ad oggi non ci sono le condizioni per pensare di riaprirli quest’estate. Poi vediamo come evolvono i dati».

Le scuole ripartiranno a settembre?

«Anche per questo dobbiamo vedere come evolve la circolazione del virus. Stiamo seguendo un modello simile a un puzzle, con tante tessere. Via via che ne inseriamo di nuove va trovato l’equilibrio rispetto al rischio di altri casi, prima di aggiungerne altre. Adesso è presto per dire quale sarà la situazione a settembre».

Ci sono le prime riaperture, ogni quanto prevedete provvedimenti di questo tipo?

«Quando parlavamo delle chiusure, dicevamo che ci volevano almeno 15-20 giorni per valutarne gli effetti. La stessa cosa vale quando si riapre, del resto le modalità con le quali si diffonde il virus sono sempre le stesse. Se si decidono troppe riaperture insieme e tornano ad esserci molti casi non si capisce dove si è sbagliato e bisogna richiudere tutto. Meglio procedere un pezzo alla volta, senza scordarci che siamo il Paese pilota perché in Occidente nessuno ha affrontato questi problemi prima di noi».

Come si proteggono gli anziani?

«Sono i soggetti più a rischio, specialmente se colpiti da più patologie, quindi da una parte devono evitare di contrarre il virus e dall’altra devono fare quel minimo di attività che consenta di vivere bene la vecchiaia e controllare certe malattie. Potranno fare due passi ma in modo protetto ed evitando più degli altri tutte le condizioni di aggregazione sociale. Lo so, alcuni disagi ci sono ma vale la pena affrontarli».

Ci si potrà spostare da una regione all’altra?

«Per ora la logica dei piccoli passi esclude questi spostamenti. Certo, se si riapre una filiera deve muoversi tutto quello che le ruota attorno e i lavoratori quindi devono viaggiare e in questo caso potrebbero non contare i confini amministrativi. Ad esempio un professionista può spostarsi da una regione all’altra per andare al lavoro».

È possibile che ci sia una seconda ondata in autunno?

«In termini teorici potremmo averla anche tra un mese, se prendiamo sotto gamba le misure. Da autunno inizierà una nuova stagione influenzale e circoleranno altri virus con sintomatologia simile. Il brutto tempo farà stare le persone in luoghi confinati, aumentando i rischi. Andrà intanto fatta una campagna di vaccinazione molto efficace contro influenza ed altre patologie, per evitare che questa malattia si confonda con quella da coronavirus. Bisognerà essere attenti ma conto sul fatto che dopo tanti mesi determinate abitudini, come lavarsi le mani, mettere la mascherina, rispettare la distanza di sicurezza, si siano consolidate. Due mesi fa, del resto, non avremmo potuto immaginare di non darci la mano o di non abbracciare un familiare. G li italiani sono stati veramente bravi ad adattarsi a un nuovo modo di vivere».

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