Gevi Napoli Basket, Buscaglia: "'Ma chi te l'ha fatto fare?', Napoli era una sfida. Un episodio dietro la salvezza" | ESCLUSIVA

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Gevi Napoli Basket, Buscaglia: 'Ma chi te l'ha fatto fare?', Napoli era una sfida. Un episodio dietro la salvezza | ESCLUSIVA

Intervista esclusiva CalcioNapoli24 al coach della Gevi Napoli Basket Maurizio Buscaglia

Barba curata, una sensazione di leggerezza dovuta alla salvezza conquistata con un turno d’anticipo, ma sguardo ben fissato sul futuro, e su una squadra, da costruire con dettami ben precisi. Maurizio Buscaglia, coach della Gevi Napoli Basket, si siede davanti alla telecamera di CalcioNapoli24 e racconta le sue cinquanta giornate di Napoli, dal suo arrivo dopo l’esonero di Sacripanti al saluto ai tifosi dopo la sconfitta al supplementare contro Pesaro.

  • di Claudio Russo (@claudioruss)

Intervista Buscaglia a CalcioNapoli24

La salvezza è arrivata, come raccontare questi due mesi?

“Li possiamo analizzare: sono arrivato per portare Napoli alla salvezza, avevo un periodo breve ed un calendario difficile con una situazione altrettanto difficile. Napoli aveva vissuto alti e bassi in una stagione complicata tra infortuni ed altro. Ho avuto un impatto importante con la squadra, mi ha seguito ed è fatta di giocatori che hanno desiderato raggiungere la salvezza. Hanno creduto nella parte positiva del nostro lavoro, orientando gli sforzi alle partite più importanti. Il tifo ad un certo punto ha deciso di seguirci in tutto e per tutto ed è stato molto bello”

Sembrava una sfida impossibile.

“Molto difficile, tanto da... ‘oddio, ma chi te lo fa fare?’. E invece te lo fa fare la piazza, Napoli, il basket fatto qui, il club e ciò che vuole fare. Te lo fa fare il feeling. Sono sfide che andavano prese, ancora non realizziamo nonostante i festeggiamenti. La consapevolezza arriverà più avanti”

Napoli mentalmente tendeva a calare la concentrazione, uno dei segreti della salvezza forse è nella compattezza dello spogliatoio.

Il rammarico di alcune sconfitte nel finale è anche figlio di ciò che sei: siamo sinceri, abbiamo lottato fino all’ultimo in partite in cui rincorrevamo. Ti devi sentire underdog in quel momento, quella compattezza l’abbiamo trovata ma è vero che siamo stati una squadra di alti e bassi: abbiamo cercato di limitarli, in certe partite sbagli un tiro e fai un fallo e subivamo break di 7-0. Non erano diluiti, era un momento ed abbiamo pensato di toglierli uno alla volta per arrivare in fondo a fare la partita migliore possibile. Col senno di poi, la forza della vittoria di Bologna è stata non avere passaggi a vuoto: né nei dettagli come i tiri liberi, né nello stare in campo difensivamente come squadra, o subire mentalmente un parziale dato o preso”

Uno degli aspetti della compattezza forse è stato avere un apporto da ogni giocatore, anche da quelli che erano finiti fuori dalle rotazioni.

“Mi rende contento, i giocatori avevano desiderio e passione e forza di portare Napoli alla salvezza: hanno capito quanto fosse importante il loro apporto. Ho tanti esempi: Jason Rich che fa giocare la squadra e toglie qualcosa a se stesso, Marini che gioca un po’ meno e poi fa la partita di qualità, Gudaitis che viene da un altro tipo di situazione e si immerge in una salvezza di un campionato nazionale molto competitivo, Vitali, Zerini, Parks. Li potrei nominare tutti, il fatto che mi venga da dire così rende l’idea. Alle volte bisogna avere la forza della partita dopo, il mattone posso portarlo io o un altro che deve essere pronto a farlo, e magari il mattone è più grande: è successo. Mi dispiace non averlo potuto sottolineare con altre vittorie, ad esempio i tiri non entrati contro Brescia e Pesaro. Si sarebbe capito di più, ma se togliamo la superficie del risultato e dell’episodio, forse s’è visto. Con massima onestà, non perché abbiamo avuto una identità clamorosa o davamo l’idea di vincere a mani basse, anzi: però abbiamo avuto l’idea di stare sempre lì, per portarle a casa con una zampata”

C’è un episodio che si porta dietro e che magari non è mai venuto alla luce, che le ha fatto capire di poter arrivare alla salvezza e di poter essere alla base del lavoro futuro?

“La mattina dell’allenamento a Treviso dopo la vittoria con Brindisi, in riunione. Era la prima partita con un peso specifico: ho visto delle facce completamente differenti, in missione. La settimana di sconfitte fino al match contro Milano fu difficile, un altro episodio è perdere con Sassari e avere l’idea che la squadra avesse maturato ciò che sarebbe servito per la partita successiva. Poi la settimana prima della Fortitudo Bologna: siamo stati uniti in ogni singolo dettaglio, club compreso. E queste cose ci hanno dato una spinta maggiore, ci hanno fatto comprendere il grande desiderio della salvezza”

Si rimprovera qualcosa?

“Di non aver vinto qualche partita in più, onestamente. Quando finisci pensi sempre a cosa avresti potuto fare per cambiare il risultato, ma sono logiche di un allenatore che pensa al perchè ha perso ma in realtà cerca di costruire la vittoria nella partita dopo”

Come si immagina la Napoli della prossima stagione?

“Non voglio immaginarmela, abbiamo vissuto una salvezza talmente compatti e con tante persone che si chiedevano come avremmo potuto vincere a Bologna. Io posso dire come mi immagino e spero che sia non la squadra, ma Napoli: appassionata alla pallacanestro, che mette il piede nel nostro mondo sperando che l’atmosfera del match di Pesaro sia solo l’inizio. Spero quello”

La sinergia con il club si avverte.

“C’è un bel feeling, un’unione che nei momenti difficili di una stagione, per una neopromossa, non è scontata. Il passaggio dalla A2 alla Serie A è tosto, strutturarsi passo passo è stato un segreto che alla fine ha avuto il suo apice nella settimana della partita contro la Fortitudo”

Prima della Fortitudo, pare di capire, la squadra è come se avesse avuto in testa la sicurezza della vittoria. E durante la partita?

“No, mai. Eravamo consapevoli di poter perdere, ma tutti hanno dato un mattoncino: lo hanno fatto i giocatori ed ogni membro del team e della proprietà. Siamo arrivati al punto che c’era solo da alzare la palla e giocare, forse anche per quello siamo riusciti a vincere”

Zerini, Parks e Uglietti sono i giocatori da cui ripartire, sia tecnicamente che umanamente.

“Umanamente super, sono sotto contratto ma in questo momento davvero voglio godermi la città. Ancora non sono andato in giro quanto abbia voluto per godermi le bellezze di questa città. Adesso non voglio liberarmi la mente dalle emozioni, sarà importante farlo per ciò che bisognerà fare dopo”

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