Il Napoli ha vinto! La Coppa Italia è gran cosa perchè quest’anno a vincere in Italia, escludendo la simbolica Supercoppa, sono due squadre: Juventus e Napoli. Chapeau! Il calcio Italiano non è più competitivo come negli anni ’90 e le possibilità di alzare trofei sono davvero pochissime. Ecco perchè issare al cielo di Roma il secondo trofeo nazionale di fronte ai neocampioni d’Italia è motivo di prestigio e orgoglio. La Juventus voleva chiudere imbattuta, cucirsi sulle maglie la stella d’argento, fare la doppietta. Tutte speranze scippate da un’onda azzurra inarrestabile che ha voluto chiudere in bellezza, facendo vedere rosso a Quagliarella e lasciando ‘O surdato nnammurato a chi sa cantarlo con la giusta dizione e passione. Finale perfetto, se non fosse per la polemica sull’inno nazionale sonoramente fischiato. Il presidente del Senato Schifani si è detto sconvolto e in tanti hanno gridato alle gravidanze dell’idiozia. Fischiare un inno è sempre un atto che schiude forti discussioni. Accadde durante l’inno argentino nello stesso stadio da parte degli italiani contro Maradona la sera della finale di “Italia 90″ perchè Diego aveva invitato i napoletani a riflettere sull’italianità alla vigilia della semifinale contro l’Italia a Napoli. Un malcostume senza una sufficiente giustificazione, visto e rivisto in diverse partite di calcio internazionale, anche in Italia all’indirizzo dei francesi. Ieri invece non c’era casualità o incosciente vizio di rivalità da stadio ma un segnale di scollamento sociale. Una cosa è fischiare un inno di un’altra nazione e un’altra è fischiare il proprio inno. Era già successo nel 2009 a Valencia in Spagna, durante la finale di Copa del Rey tra Barcellona e Athletic Bilbao, e quel precedente indizia sul senso dei fischi dei napoletani all’Olimpico di Roma. Allora furono baschi e catalani a ostentare la loro identità in faccia a Juan Carlos coprendo coi fischi la Marcha Real. La TV spagnola censurò i fatti collegandosi con le piazze di Bilbao e Barcellona per raccontare le emozioni delle due tifoserie, ritrasmettendo il momento dell’inno nell’intervallo con una traccia sonora sostituita. Ne seguirono grosse polemiche, non per i fischi ma per la censura, non verso i tifosi ma nei confronti della TV di stato che dovette licenziare il responsabile della redazione sportiva. I napoletani hanno fischiato sonoramente l’inno. Fino a qualche anno fa la cosa non accadeva ma ora il fenomeno si ingrossa. Perchè? Schifani e i vertici dello Stato, pur sconvolgersi, non farebbero male a domandarsi come mai negli stadi italiani è consentito dire di tutto, e impunemente, nei confronti dei napoletani. Schifani si è sconvolto per quei fischi ma non per l’urlo ben distinguibile “Napoli m…” durante il minuto di raccoglimento dedicato all’attentato di Brindisi e al terremoto in Emilia Romagna. E non si è sconvolto per il coro “colerosi… terremotati” quantomai inopportuno visti gli avvenimenti del giorno che hanno visto la morte, tra gli altri, di un operaio napoletano tifoso del Napoli. Scandalizzarsi per i fischi di un popolo che viene “accolto” da sacchetti dell’immondizia e messaggi di benvenuto in Italia è come stigmatizzare con stucchevole bigottismo l’effetto e non la causa. Questo malcostume continua da anni negli stadi, nei dibattiti politici inaspriti peraltro da 20 anni di leghismo razzista, così come in tv e sui giornali che inquadrano Napoli come la pecora nera del paese, e le regole sul razzismo suggerite dal leghista Maroni è ormai dimostrato con due anni di inapplicazione che non riguardano l’etnia napoletana. Non si può chiedere all’Italia di essere unita solo nelle tragedie o nelle partite di calcio e poi mandare avanti nell’ordinario un paese a due velocità, squilibrato e per giunta razzista. Schifani ha il suo ruolo istituzionale e stigmatizza, ma rifletta su un’unità che non c’è e che non si costruisce con delle retoriche celebrazioni o con un inno dopo 150 anni di solo unione geografica. Rifletta sull’occasione sprecata delle celebrazioni dell’unità d’Italia prive di verità storiche circa il ruolo di Napoli e del Sud, cariche di una retorica che la gente non digerisce più sdoganata anche dallo sponsor della manifestazione nei suoi spot. E certe cose arrivano anche nelle curve, tant’è che in quelle del Napoli si vedono sempre più simboli e messaggi storico-identitari. Ieri il momento era particolare e in molti non l’hanno capito: Napoli contro Torino, le due capitali dell’Italia disunita nella capitale dell'Italia unita, ma solo geograficamente. Napoli ha cominciato a fischiare l’inno proprio l’anno scorso, prima non l’aveva mai fatto, e la prima volta fu durante Napoli-Inter di Coppa Italia del Gennaio 2011; la cronologia non è casuale. E allora, ecco spiegato il motivo per cui ieri i napoletani cantavano “noi siamo Partenopei” durante l’inno. Sarebbe stato più giusto limitarsi a questo, evitando i fischi, ma ignorare o fingere di ignorare le motivazioni di un dissenso spontaneo significa non voler prendere coscienza di un malessere e di uno scollamento che arriva da un popolo da sempre orgoglioso e comunque diverso che chiede rispetto per darlo come ha sempre fatto. Se il popolo italiano cominciasse ad essere più rispettoso ed educato, certe cose non accadrebbero; e l’educazione civica la insegnano le istituzioni prima di tutto. A proposito, il 25 Maggio si disputerà al Vicente Calderon la finale di Copa del Rey. Sarà nuovamente Barcellona contro Athletic Bilbao... a Madrid. Il direttore dei servizi sportivi di TVE stia attento a non censurare le immagini dell’inno nazionale. Li non si fanno polemiche senza andare al cuore del problema.