Rivoluzione anti-Fifa, quando Maradona fondò il sindacato dei calciatori: "Ora difenderemo i deboli" | VIDEO

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Rivoluzione anti-Fifa, quando Maradona fondò il sindacato dei calciatori: Ora difenderemo i deboli | VIDEO

Gesto storico e unico di Diego Maradona

Napoli Calcio - “La guerra (quasi) solitaria di Maradona alla Fifa che Tardelli on sostenne”, scrive così Angelo Forgione sulla propria pagina Facebook ricordando una battaglia clamorosa del Pibe de Oro contro i potenti del calcio per un gesto fortissimo e mai più ripetuto negli anni a seguire. Ecco quanto si legge: 

E dunque, ora che Maradona non c'è più cominciano tutti a riconoscere che era il calcio dentro il campo e fuori.
Marco Tardelli, oggi, ha scritto un fondo per La Stampa a proposito delle polemiche che si susseguono in Qatar, dove si sta disputando un Mondiale invernale nel deserto che è un'offesa allo spirito dello sport. Tardelli scrive:
 
“Un Mondiale giocato nel posto e nel periodo sbagliato. Tutto quello che è uscito sui giornali in questa settimana si sapeva già da tempo. […] Tanti anni fa il grande Diego Armando Maradona provò a ribellarsi. Aveva capito come si muoveva la FIFA e cercò di combatterla, ma fu subito soffocato con un imbroglio facendogli così pagare questo suo tentativo di rivolta. Noi non gli credemmo, dicemmo tutti che esagerava e che lo faceva per interessi personali. Caro Diego, ti chiedo umilmente scusa, per non averti appoggiato in questa tua battaglia, avevi visto quello che noi non riuscivamo ancora a vedere, bloccati da un deficit di coraggio che a te invece non è mai mancato”.
 
No, il coraggio non mancò mai a Diego, che attaccò la FIFA sin dal Mondiale di Messico 86 per la follia delle partite a mezzogiorno sotto il sole in altura. Replicò a USA 94 e, dopo essere stato usato come spot per quel Mondiale, fu fatto fuori in corsa perché non desse più fastidio.
 
Ma lui non si arrese, e nel settembre del 1995 fondò a Parigi un suo sindacato, l'Associazione internazionale dei calciatori professionisti, sotto acronimo AIFP, per dare filo da torcere alla FIFA e per “difendere i più deboli e l’integrità morale e sociale dei calciatori”.
 
Qualcuno più coraggioso di Tardelli si unì al presidente Diego. Una dozzina di impavidi: Cantona vicepresidente, e poi Zola, Vialli, Ferrara, Gullit, Weah, Rummenigge, Brolin, Abedi Pelé, Stoichkov, Zamorano e Bebeto.
 
"Lo spettacolo lo facciamo noi - avvisò Maradona - e da oggi in poi il carrozzone del calcio mondiale non potrà imboccare le sue strade miliardarie senza consultarci, senza ascoltarci, senza prendere atto della nostra posizione e magari senza dividere con noi i guadagni che noi produciamo, con il nostro talento. Non ci possono costringere a giocare in orari impossibili solo per le esigenze delle televisioni. D'ora in poi i Mondiali si faranno come dicono i calciatori".
 
Il sindacato non durò a lungo. Mancò il coraggio ai calciatori di ingrossarlo e rafforzarlo, come ricorda oggi Tardelli. Socrates spiegò il motivo di quel progetto incompiuto:
 
“Noi calciatori siamo troppo individualisti, abbiamo molto da imparare per far funzionare queste cose”. E così, tra corruzioni e interessi extracalcistici, siamo oggi all'irriverente Mondiale in Qatar, il primo in inverno a interrompere tutti i campionati nazionali, ma anche il primo senza Maradona, che da vivo, otto anni fa, disse di non essere stupito della corruzione per portare la Coppa del Mondo nel piccolo paese della penisola araba: "Nella FIFA girano enormi bustarelle, lo denuncio da anni ma invano". Invano perché, per dirla alla Socrates, i calciatori hanno ancora molto da imparare. Sì, imparare da Maradona.
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