Le ultime su Juve Napoli con la sfida Dybala Insigne nella partita. Due calciatori in recupero da infortuni e Covid che ci saranno, ma con le società che hanno capito di poter fare a meno di loro.
Sia Dybala che Insigne sono in scadenza di contratto con Juve e Napoli e ora Repubblica analizza la partita nella partita:
Lo stanno scoprendo Paulo Dybala e Lorenzo Insigne, di fronte il 6 gennaio a Torino, recupero dal Covid e infortuni permettendo, per il più classico dell’incontrarsi e dirsi addio, Insigne forse a Toronto, Dybala chissà.
Dieci meno dieci uguale zero, anzi due, quei due lì. I tipici calciatori che Gianni Mura definiva panda, per il forte rischio di estinzione e per la difficile collocazione in equilibrio tra moduli e finanze. Il panda classico di Gianni era Zola, costretto a un certo punto a lasciare l’Italia per ritrovare respiro e dimensione. A Londra, però, non nel remotissimo Canada che ora tenta Insigne con un contratto irrinunciabile, a costo di rinunciare a sé stesso: in pensione a trent’anni, c’è di peggio ma anche di meglio.
I due 10 meno meno hanno scoperto che si può fare a meno di loro. In fondo, la Juve ha ripreso a vincere senza Dybala, seppur giocando piuttosto male e non tirando quasi mai in porta (anche il centravanti titolare Morata è in scadenza di contratto). E il Napoli prescinde ora dal suo simbolo, così in difficoltà nell’essere amato dagli allenatori, tutti con lo stesso problema: dove mettere Lorenzo, come usarlo? Lui, diseguale e un po’ malinconico anche in Nazionale, si è avvilito, attorcigliandosi su quel contratto mai rinnovato, forse amareggiato dal tiepidissimo trasporto del club. Il presidente De Laurentiis vuole tagliare il monte ingaggi e offre a Insigne 3,5 milioni per 3 anni. La richiesta del suo procuratore è di 5 milioni. I canadesi offrirebbero 10 milioni di dollari per 5 anni (più bonus).
L’ultimo a seguire quella strada è stato Giovinco: era forte, ma chi se lo ricorda più? Un panda totalmente estinto. Di più: una foca monaca.
Il paradosso tuttavia non può sfuggire: nel grigiore del gioco juventino, Dybala è l’unica luce. Però intermittente come l’albero di Natale, e sempre rotto come una vecchia statuina del presepe incollata già troppe volte.
L’umore ondivago dei tifosi lo si capta nei soliti social, dove alla stima per il campione comincia a profilarsi più di un dubbio sulla consistenza fisica del medesimo: vale la pena spendere tanto per lui, in tempi di stretta economica, e affidargli un futuro mai compiuto davvero? Paulo Dybala va per i 29 anni, è un talento fragile, non sarà mai un leader. Bravissimo con la palla e quasi soltanto con quella.
In questo gli assomiglia Insigne, napoletano che però non ha mai incarnato Napoli, la città che a un certo punto adottò Dries Mertens trasformandolo in Ciro, un figlio putativo in assenza di quell’altro, perso in chissà quali ombre.
Nel calcio di ieri, i più bravi giocavano e basta, adesso no. Adesso devono essere funzionali al meccanismo, altrimenti si estinguono. La scrittura non basta da sola, servono le cose da scrivere. Nel loro vagare per il campo e nel labirinto di carriere incompiute perché incomplete, Paulo e Lorenzo si sono già spostati parecchio: seconde punte, rifinitori, esterni di fascia. Tra infortuni e attese hanno cominciato a segnare meno, forse perché entrambi sono soprattutto attaccanti di raccordo, solo davanti alla porta si divertono. È il triste destino del panda, anche un po’ gambero nel camminare all’indietro o nello spostarsi di lato.
Un passo per volta: centrale d’attacco, mezz’ala, esterno, più esterno e infine eccolo oltre la linea bianca. E allora panchina e tribuna. Prossima fermata ancora più in là, alla frontiera tra limite e confine, in questo caso di Stato.
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