Ferlaino: "Lo Scudetto perso nel 1988? Per prevenire e fronteggiare il totonero triplicai i premi partita, ma sull'onestà dei miei ragazzi non ho mai avuto dubbi"

Rassegna Stampa  
Corrado FerlainoCorrado Ferlaino

Lunga intervista rilasciata da Corrado Ferlaino all'edizione odierna del Corriere dello Sport.    Irripetibile perché oggi

Lunga intervista rilasciata da Corrado Ferlaino all'edizione odierna del Corriere dello Sport. 
 
Irripetibile perché oggi è impensabile pensare che possa arrivare un Maradona a Napoli? 
"Semplicemente perché non nascerà un altro Maradona. O lei crede che possa succedere?". 
 
«Sono stato il suo carceriere», ha detto lei una volta. 
"E lo rifarei. Quando Tapie, presidente dell’Olympique Marsiglia, mi fece chiamare per avanzare la sua proposta, scelsi di non riceverlo. Mi negai. Lui riuscì ad arrivare a me: ecco l’assegno, metti tu la cifra, prendi quello che vuoi. Risposi sdegnato. Siamo diventati amici successivamente, incontrandoci a Capri, e sorridendo di quella presunta trattativa". 
 
Non si è negato quasi niente, men che meno che l’amicizia dei potenti. 
"Alla fine degli anni ‘80, la Dc era una forza. Io sono stato al fianco di presidenti federali di quel tempo, di Federico Sordillo, di Franco Carraro, con il quale ancora capita di sentirci, andavo in vacanza spesso dove andavano loro, mi serviva per tutelarmi. Non abbiamo ricevuto nulla, ma il Napoli almeno non è stato danneggiato. Nel Milan di quel tempo era arrivato anche Berlusconi, che aveva Mediaset, e noi avremmo rischiato il soffocamento. Però confesso che alla Rai c’era Biagio Agnes". 
 
Chi ha amato tra tante gente? 
"Diego è fuori concorso, ovviamente, ma io ho pensato sempre al Napoli, non privilegiando alcun tipo di rapporto personale. L’ho fatto per natura ma anche per esigenza, affinché non si confondessero i ruoli". 
 
Certo non l’amavano molto: le misero le bombe nel giardino. 
"Ma adesso, in compenso, se entro in un ristorante e lo trovo pieno, c’è sempre qualcuno che mi cede il posto o un cameriere gentile che lo libera. Ho ricevuto con gli interessi quello che forse mi era stato negato, ma ne sono felice, perché quella intransigenza è servita".
 
Lo scudetto dell’88 al Milan non lo ha mai digerito. 
"Si dicevano tante cose, e il Milan non c’entra, in quei mesi: il fenomeno delle scommesse clandestine era napoletano, gestito da una famiglia che circuiva alcuni calciatori, tra cui Diego, fotografato nella vasca di casa, mi pare, di uno degli esponenti di quel clan". 
 
Questa storia, quella dei Giuliano, è nota, ingegnere, qua ci vuole altro, almeno oggi.... 
"E vabbé: io l’anno dopo andai alla Polizia, mi venne suggerita un’agenzia di investigazioni, li interpellai, mi avvisavano sulle dinamiche delle quote, sulle gare in cui improvvisamente si verificano strane impennate. E io per prevenire e fronteggiare triplicavo i premi partita. Ma sulla onestà dei ragazzi non ho dubbi, però sapesse il dolore per aver lasciato quello scudetto al Milan". 
 
Il razzismo sta dilagando. 
"Me ne accorgo, ma non creda, rigurgiti c’erano anche ai miei tempi, anche se pochi. Ma quando andavamo a Torino, con la Juventus, non era pomeriggi semplici: può darsi che avessero colto la nostra evoluzione e cominciassero a temerci, boh. Mi piace ciò che sta facendo Ancelotti, quello che sta dicendo e anche il modo in cui sostiene le sue tesi. E ho fiducia in Gravina: è uomo di calcio, lo conosce da dentro, lo ha attraversato per intero e dal basso. Fidiamoci di lui". 
 

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