ESCLUSIVA - Dossena: "Derubati alla Supercoppa di Pechino, mandai tutti a fanc**o! Con Benitez allenamenti di un'ora. Su De Laurentiis e l'influenza dei sudamericani..."

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ESCLUSIVA - Dossena: Derubati alla Supercoppa di Pechino, mandai tutti a fanc**o! Con Benitez allenamenti di un'ora. Su De Laurentiis e l'influenza dei sudamericani...

Cresciuto calcisticamente nel settore giovanile del Fanfulla e successivamente in quello dell'Hellas Verona, esordisce in prima squadra in Serie A con la

Cresciuto calcisticamente nel settore giovanile del Fanfulla e successivamente in quello dell'Hellas Verona, esordisce in prima squadra in Serie A con la maglia gialloblu nella stagione 2001-2002 grazie ad Alberto Malesani. Stiamo parlando di Andrea Dossena, terzino di spinta classe 1981 di Lodi. Successivamente vestirà le maglie in Serie A di Treviso, Udinese, Napoli e Palermo, oltre all’importantissima parentesi di 2 stagioni al Liverpool di Rafa Benitez. Oggi, dopo l’addio al calcio giocato, punta a diventare un allenatore. L’ex Napoli e Udinese è stato raggiunto in esclusiva dalla redazione di CalcioNapoli24.it.

Inizia a Verona dove giochi per tanti anni, prima le giovanili e poi il salto in prima squadra…

“A Verona sono arrivato che ero un bambino, ci ho passato 9 anni dove ho lasciato tante amicizie, ho condiviso tante cose e storie con molte persone. Sono diventato grande lì e ho capito che il calcio poteva essere la mia vita. Ricordo le prime soddisfazioni come l’esordio in Serie A. Verona ha sempre avuto una tifoseria calda, lo si è visto anche quest’anno che le cose non stanno andando per il meglio. Mi ha permesso di crescere alla svelta”.

Al Verona ha lavorato con Alberto Malesani, che allenatore era e quanto è stato importante per la sua crescita?

“Alberto, insieme al presidente Pastorello, è stata la persona che più ha creduto in me. Mi ha fatto esordire nel mio primo Derby vinto 3-2, c’è sempre qualcosa di speciale quindi. Successivamente abbiamo lavorato altre 2 volte e ha visto la mia crescita da ragazzino a uomo. E’ sempre stato molto istintivo a Verona, mentre successivamente era diventato una persona pacata. Il mister ti faceva sempre stare bene e insegnava davvero il calcio. E’ stato uno dei primi che faceva gli 11 contro 0 e preparava la partita nel minimo dettaglio guardando i video degli avversari, queste cose adesso sono scontate, mentre 17 anni fa no ed è stato uno dei primi a percorrere questa strada”.

Come si spiega che sia stato poi ‘dimenticato’ dal calcio?

“Il calcio si parla settimana per settimana, alza e abbatte in troppo poco tempo e troppo facilmente. Si vive troppo il momento senza vedere uno cosa ha fatto in precedenza. Da un giorno all’altro passi dall’essere acclamato a ‘dimenticato’. Poche settimane non bastano per poter giudicare. Prendiamo l’esempio di Gattuso: le prime settimane faceva fatica e tutti dicevano che forse era meglio Montella, adesso tutti osannano Gattuso, magari perde altre 5 partite e tutto cambia. Stesso discorso per Oddo da fenomeno per 6 vittorie di fila ora si parla che non gli si possa rinnovare il contratto anche in caso di salvezza. Il calcio è questo, è il bello ma soprattutto anche il brutto. Malesani forse lo reputano di un’altra generazione e danno spazio ai giovani. Io però ora sto lavorando per diventare allenatore e mi sono già prefissato di andare a fare una bella chiacchierata con il mister. Ho assorbito qualche segreto, ma quando sei giocatore non scambi tutti i trucchetti, ecco perché voglio fargli visita”.

Ha nominato Oddo, che è stato insieme a Paolo Cannavaro un ex compagno al Verona.  Entrambi si sono sempre distinti per episodi divertenti nel corso della loro carriera. Ricordi qualche aneddoto simpatico?

“Di Massimo ricordavo le barzellette o quando faceva Galeazzi. Ci sono in ogni spogliatoio calciatori che tengono banco più di altri, ricordo che anche al Napoli Paolo teneva banco, ma lì eravamo in tanti a tenere banco. In certe situazioni prendevamo in giro l’ambiente napoletano e ci finiva di mezzo anche lui (ride, ndr). Sono sempre stati 2 caratteri forti ma diversi”.

Poi il passaggio al Treviso…

“Il Passaggio al Treviso è arrivato perché volevo la Serie A. C’era una situazione tra Lazio e Treviso, ma alla fine il mio presidente aveva già concluso con il Treviso, a malincuore ho dovuto accettare Treviso rispetto la più blasonata Lazio. E’ stata un’annata molto complicata, c’era parecchia disorganizzazione e forse era una situazione più grande di quello che loro erano”.

Al Treviso hai incontrato Christian Maggio che successivamente ritroverai al Napoli. Nonostante sia in scadenza di contratto, si è sempre fatto trovare pronto quelle poche volte che è stato chiamato in causa. Credi che avrebbe meritato anche qualche maglia da titolare in più?

“Grande merito e riconoscenza a Christian che ha capito ad un certo punto della propria carriera avrebbe dovuto accettare la panchina, cosa che io non ho fatto all’epoca. Ha fatto quel passo indietro che è importantissimo per la squadra, tanto di cappello a Christian. E’ sempre stato un grande lavoratore, è sempre stato uno che fisicamente era al top, più avanti vai con l’età e più devi lavorarci sodo. Lui significa che ci ha lavorato tantissimo perché non ha avuto la continuità in questi ultimi anni e lo stesso è sempre stato lì pronto in ogni occasione. Non riesco però a trovare nei a questo Napoli, bisogna solo dire ai ragazzi bravi, avete fatto qualcosa di eccezionale. Anche Hysaj ha fatto un grandissimo campionato, poi il mister gioca spesso con gli stessi per il suo gioco molto sistematico, che poi i 95% degli allenatori usano sempre gli stessi calciatori. Lui forse un po’ più di altri dicendo che la rosa era corta, ma lo stesso Mario Rui ha fatto buone prestazioni ed altre un po’ meno, ma se lo usavi come Giaccherini dicevi magari che non avevi il terzino sinistro perché lo usavi poco. L’allenatore deve essere bravo a gestire le forze perché arrivare a giugno sempre a mille all’ora non è facile. Però mai riuscirei a criticare tutto il lavoro fatto dal Napoli e il suo staff. Anche la contestazione al presidente non la capisco, lui ha detto che avrebbe tenuto tutti per vincere ed è stato di parola. Si poteva ridurre il gap con la Juventus quest’anno, ma il Napoli non può permettersi quel livello, non ha gli introiti della Juve e lo stadio di proprietà. Ci stavano riuscendo con un grande lavoro dell’allenatore e remando tutti dalla stessa parte. Sono convinto che ancora non è finita, ma recuperare 6 punti alla Juventus non sarà facile. E’ difficilissimo, ma se domenica vai a Torino e vinci sei a -3 e mancano 4 giornate dalla fine. Devono crederci tutti senza avere rimpianti, 2 pareggi e si riaprirebbe tutto. La Juve ricordiamo che ha pareggiato a Ferrara, sono uomini anche loro”.

Passa all’Udinese dopo 2 stagioni al Treviso, un vero e proprio trampolino di lancio per la sua carriera vero?

“Sì, è stato un trampolino di lancio. Udine è l’università per i giovani calciatori, se sei bravo ti mettono nella situazione ideale per esprimere tutte le tue potenzialità e così è stato. 2 anni molto belli con mister Marino”.

Poi vola in Inghilterra per vestire la maglia del Liverpool in Premier League. Cosa hai provato quando sono arrivati da te e ti hanno detto ‘Andrea sei un nuovo giocatore del Liverpool’?

“Quando sei dentro ti godi poco il momento, ero felice ma nella mia testa avevo anche altro. A Marzo avevo un accordo anche con la Juventus ed era quello il mio vero obiettivo, cambiarono direttore sportivo e di conseguenza anche i paini di mercato. Passando al Liverpool avevo qualche timore per il cambio di campionato, della lingua e tutto. Però poi quando sono arrivato lì ho capito che stavo vivendo qualcosa di importante, ora che sono fuori dico caspita ma era davvero importante. Andai davvero in una grandissima squadra e in un grandissimo ambiente,  andai nel campionato più importante d’Europa”.

Con il Liverpool arrivò un secondo posto dopo una splendida stagione…

“La sfortuna è che c’era il Manchester United che vinse tutto in quell’anno (2008/09, ndr). Facemmo il record di punti del Liverpool però non bastò per arrivare a vincere lo scudetto che per 4 punti andò al Manchester. E’ stata lo stesso una bellissima esperienza con grandi campioni come Xabi Alonso, Gerrard, Torres, Mascherano, era una grandissima squadra”.

Che capitano era Gerrard?

“Carismatico! La sua presenza era importantissima nello spogliatoio. Era sempre di poco parole ma usate nel momento giusto. Aveva il classico carattere dell’inglese del nord. Quando parlava si sentiva veramente, soprattutto quando entrava in campo. Ricordo la partita che doveva segnare il suo 100esimo gol con il Liverpool, voleva farlo a tutti i costi”.

Hai visto un Benitez diverso tra Liverpool e Napoli?

“No. Benitez lavora bene in quel contesto di Liverpool, ho rivisto i problemi miei avuti in Premier in alcuni giocatori del Napoli sotto la sua gestione, come la condizione fisica non perfetta. Forse lui è abituato a lavorare in un altro modo, la cultura italiana del lavoro è diversa. In Inghilterra 1 ora massimo e tutti a casa, in Italia fin da giovani siamo abituati a lavorare tanto. Se in una macchina che metti sempre 100 litri di benzina poi ne metti 50 allora non ti renderà mai come quando ne metti 100 c’è poco da fare. E’ questo l’unico problema che ha avuto Benitez, poi lui ha vinto tantissimo e quindi non gli si può dire niente”.

Hai avuto qualche scambio di battute con lui o Reina quando arrivarono a Napoli?

“No, però con Bigon sì. Parlando con il ds dissi ‘cavolo siete andati proprio con pensieri opposti rispetto a mister Mazzarri’. Sapevo che al Napoli avrebbe incontrato delle difficoltà, lui è un manager inglese e al Napoli avrebbe dovuto adattarsi a certe situazioni come la struttura perfetta d’allenamento. Benitez viaggiava in un’altra direzione, mentre Reina ha accettato Napoli solo per lo splendido rapporto che aveva con il mister. Poi si è innamorato della città perché non innamorarsi di Napoli è un po’ difficile. 

Arrivò in un Napoli molto sudamericano. Si parlava spesso all’esterno di una loro influenza e qualche battibecco con Quagliarella. Era vero?

“Era un Napoli molto particolare, noi eravamo sudamericani e i sudamericani erano napoletani (ride, ndr). Stavamo molto bene tutti insieme, è vero che c’era una loro influenza ma era un ottimo gruppo e la dimostrazione è nei risultati. Era difficile trovare un gruppo come il nostro c’erano le due fazioni: italiani e stranieri, ma eravamo tutti dei ragazzi eccezionali. Era difficile trovare giocatori che non si ambientavano nel nostro gruppo. Non ho mai visto litigi, poi se c’erano dei problemi tra di loro non so dirtelo, ma non mi sembrava”.

Edu Vargas venne accolto con grande entusiasmo al Napoli, fu semplicemente sopravvalutato?

“Era un buono giocatore, ma non una stella, forse è stato sopravvalutato prima. Se arriva con l’entusiasmo come quando arriva un Higuain allora è stata sbagliata la valutazione. Poi Mazzarri faceva giocare spesso i suoi come Sarri quindi se non eri veloce ad apprendere era difficile inserirsi”.

Il ricordo più bello a Napoli?

“Ci sono davvero tanti ricordi: la vittoria in Coppa Italia contro la Juve, la qualificazione in Champions, il 3-0 in campionato alla Juve, il 2-1 al Manchester City, la rimonta del 4-3 con la Lazio, sono davvero tantissimi”.

E invece il più brutto?

“Quello che cancellerei sicuramente è quello con il Chelsea, l’eliminazione in Champions in quel modo ha fatto davvero male”.

De Laurentiis che presidente era?

“Tutti mi hanno sempre disegnato De Laurentiis come un vulcanico, casinista e ingombrante, anche tanti ex che erano stati a Napoli prima di me. Per quello che posso dire io è stato un grande presidente, diceva le cose giuste che doveva dire, non era ingombrante, incitava la squadra, è stato completamente l’opposto di come l’avevano descritto tanti ragazzi che c’erano prima. Forse era merito di Mazzarri che riusciva a contenerlo o forse inizialmente non conoscendo il mondo del calcio si è poi ambientato. In quegli anni lì è stato un grande presidente, anche per come si è comportato in una situazione particolare come la Supercoppa di Pechino, è stato un gran signore”.

In quella finale di Pechino vinta per 4-2 dalla Juventus il Napoli non si presentò alla premiazione?

“Sono cose che le vivi, vivi un momento forte e ti senti derubato! Fai e dici cose che magari a distanza di anni o anche solo di 1 settimana non faresti alla stessa maniera, come ad esempio Buffon ha confermato che direbbe quel pensiero ma in termini diversi. Io a Pechino presi 2 giornate perché andai dal guardalinee a dirgli l’impossibile a fine partita. Ci misi anche io del mio, quando mi dissero che non dovevamo presentarci alla premiazione mandai a fanc**o tutti e andai nello spogliatoio anche io. Quando perdi bisogna sapere perdere, però quando ti senti derubato è dura. La Juve dice che l’arbitro doveva girarsi dall’altra parte per capire il momento, però il rigore c’era e allora no, se il rigore c’è viene fischiato. Certi momenti non riesci proprio a contenerti e sale tutta l’adrenalina, se a noi non buttano fuori Pandev la partita la vinciamo! Pandev è stato mandato fuori per aver mandato a quel paese il guardalinee e capita ogni domenica e non esiste che in quell’occasione viene espulso. Faccio lo stesso discorso di Buffon, non esiste e devi far finta di non sentire”.

Di Zamparini cosa puoi dirci?

“Quei 6 mesi lì mi avevano promesso che avrebbero fatto grandi cose dopo aver trovato prima la salvezza, ma dopo 1 settimana che ero lì avevo capito di aver fatto un grande sbaglio a lasciare Napoli. C’era tantissima confusione e troppe persone che cambiavano nei ruoli importanti”.

Dybala, Cavani o Torres. Chi durante gli allenamenti ti impressionava di più?

“Cavani! Ma per qualità tecniche Dybala, aveva soltanto 18 anni al suo primo anno in Italia e arrancava fisicamente, ma non gli portavi mai via il pallone dai piedi e ti dribblava secco. Torres, invece, era quel giocatore che da un momento all’altro ti faceva la giocata pazzesca. Ma il veleno e la cattiveria che aveva Cavani in tutti i santi allenamenti fatti a Napoli penso di averli visto in pochissimi giocatori”.

Il suo più grande rimpianto?

“Aver lasciato Napoli per andare a Palermo. Tutti mi dicevano di non farlo: compagni, direttore e allenatore. Il mister però si era inventato Zuniga terzino di sinistra e quindi c’era questo dualismo con lui. Mazzarri mi disse che preferiva lui in quel momento, ma il mio dimostrare sempre mi ha spinto ad andare via, volevo dimostrare che si sbagliava e che ero meglio io. Magari l’avrei pure fatto, ma andando a Palermo ho sbagliato”.

In tanti sono andati via da Napoli tra allenatori e giocatori e poi hanno detto qualcosa contro De Laurentiis, perché secondo te?

“La maggior parte di loro sono andati via per approdare in grandi realtà. I tifosi vogliono vincere e così anche alcuni giocatori e allenatori, ma il Napoli non può ancora essere a certi livelli economicamente. Reina sarebbe rimasto forse anche come secondo, ma il Napoli non può permettersi un giocatore con quell’ingaggio come secondo portiere”.

E’ stato accusato negli scorsi anni per aver rubato nel noto negozio Harrods, hanno fatto male quelle accuse?

“Sì, tantissimo. Hanno tirato in caso mia moglie e mio figlio per una minch***a, ma era soltanto una cag**a che fa notizia. Fa male perché viene fuori solo il titolo sbagliato, non è mai stato arrestato nessuno. Vengono arrestati i delinquenti non certo io, ma alla fine noi e amici ci facciamo ancora una grandissima risata”.

di Giuseppe Foria

©RIPRODUZIONE RISERVATA, PREVIA CITAZIONE DELLA FONTE

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