Ultime calcio - Mario Sconcerti è intervenuto in diretta ai microfoni di TMW Radio, nel corso di Stadio Aperto:
Sconcerti
"L'hanno deciso i giocatori... Tutto ricomincia da dove avevamo previsto che cominciasse: la politica sportiva ha visto rimpalli tra politica, Lega e Federcalcio senza chiedere ai giocatori. Quando loro hanno cominciato a muovere le obiezioni, siamo arrivati alla cosa di oggi. Oltre ai ritiri, se non ho capito male, c'è la riduzione della positività ad un infortunio, che secondo me non è una cosa sbagliata. Così si andrà avanti, non credo che la soluzione sia corretta ma necessaria, non tanto per salvare il vecchio campionato, che serve solo a dare i restanti soldi delle tv ai presidenti, ma per togliere il calcio dal virus, altrimenti non comincerebbe la prossima stagione, rimanendo sempre nel disastro".
Che ne pensa di playoff e playout per la Serie A?
"Sono d'accordo, non amo i playoff perché rendono inutile una stagione, ma ora mi sembrerebbero una buona soluzione. Se però si coinvolgono tutte le squadre, si gioca un grosso numero di partite e i rischi diminuiscono poco. Per me sarebbe giusto prendere al massimo le prime e le ultime otto, quindi ci metto dentro anche la Fiorentina. Dare al Brescia, che ha 16 punti, e alla Fiorentina, che ne ha 30, le stesse possibilità di salvarsi mi sembra un po' troppo, però".
Come giudica la ripresa della Bundesliga?
"Io l'ho guardato, ma perché faccio questo mestiere, altrimenti non saprei. Non ho uno straordinario interesse per il calcio tedesco. Credo che il segreto del calcio si basi sulla passione per una squadra, altrimenti il resto delle partite devono essere una piacevolezza. A noi piacciono i campionati stranieri perché non soffriamo, non ci cambia niente se vince una o l'altra squadra. Quando vediamo invece le partite della nostra squadra invece no... Da estraneo è più facile ritenere bello un certo campionato".
La questione infortuni preoccupa gli addetti ai lavori.
"Sono cose che rientrano nei rischi del mestiere. Non possiamo pensare che un calcio fermo da due mesi e mezzo sia normale. La stagione regolare finirebbe domenica, siamo in ritardo di due mesi e mezzo, è come se fossimo a fine agosto. Non abbiamo ancora neanche ripreso con gli allenamenti, e significa che la prossima stagione prima di ottobre non potrebbe cominciare. Bisogna ancora calcolare le ferie dei calciatori, un eventuale spazio vuoto per il calciomercato... Arrivare a novembre non è difficile, con tutto quello che l'autunno/inverno può significare. Ma d'altronde non decidiamo noi, decide il virus: noi non possiamo fare altro che parametrarci ai suoi tempi. Quando dicevo che era inutile discutessero Lega e Federcalcio, ma che le date le dettasse l'epidemia, era proprio quello che sta accadendo anche oggi. La soluzione di far uscire dal coro il contagiato chiaramente non può essere medica".
Lei preferirebbe che la Federcalcio decidesse di titoli, promozione e retrocessione oppure che il prossimo format sia costruito dal campo?
"Se aumenti in modo importante le retrocessioni fai crescere esponenzialmente il caos. Se fai ventidue squadre in Serie A con sei retrocessioni significa che un terzo delle squadre non saprà che contratti fare ai propri giocatori, e lo stesso vale per chi scende in C dalla B. Secondo me l'organizzazione futura dovrebbe lasciare A e B così, tagliando un girone e venti squadre di Serie C: è una cosa penosissima, ma in questo momento forse è auspicabile perché toglie responsabilità a imprenditori locali che sono veramente a terra. Credo che sia lì che si debba decidere, magari allargando la D, ma non si può continuare con cento società professionistiche di cui sessanta di C. Dovremo ricominciare diversamente, anche se sono sicuro che non succederà a meno che non si sia costretti dagli imprenditori locali: la D, le leghe dei dilettanti, dovranno costare meno. I problemi delle prime categorie cominciano dal basso".
Ogni anno c'è qualche società in mora. Il meccanismo ha delle falle?
"Costa troppo. Faccio un esempio: a Firenze certi discorsi non li puoi fare, i Della Valle se ne sono andati proprio per questo. A me dei soldi tuoi non interessa, ce li devi mettere. Il Catania ha 15 milioni di debiti, e chi li paga? I controlli ci sono, ma se dovessero essere tutti attenti metà squadre sarebbero cancellate dall'inizio, e con loro le città. La vita è sempre un compromesso. Sono fallite più di cento società in totale, molte anche in Serie A. A un certo punto i libri in tribunale li porti, o vai in galera, ma il problema è quello di tenere insieme risultati economici ed esigenze di pubblico e città. C'è anche chi se ne approfitta, chi esce ricco da queste situazioni. Più aumenta il disordine, più aumentano i profittatori. Un dovere dell'informazione, della qualità giornalistica, è di crescere per essere in grado di spiegare le grandi realtà del calcio. L'informazione sulla grande industria è molto più attenta e peculiare, di calcio parlano tutti e questo crea confusione".
La misura della Cassa integrazione in deroga sotto i 50mila euro riguarda molti calciatori. Basterà a scongiurare un'ecatombe?
"Il discorso è vasto. La Cassa integrazione per i professionisti secondo me è inadeguata, perché i giocatori sono inadeguati alla realtà del lavoro. Mi spiego: la Cassa integrazione viene data ad un dipendente, io ad esempio sto perdendo lavoro. Il calciatore professionista è un grande furbo: ha i privilegi del lavoratore dipendente ma è a contratto, dopo massimo cinque anni se ne va. Il calcio usufruisce già di un grandissimo privilegio, fino almeno alla Serie C. Daremo un altro privilegio a chi ne gode già. Qui ormai diamo a tutti, ma bisogna anche distinguere tra uno Stato che cerca di investire su se stesso e uno Stato assistenzialista, come stiamo diventando. Protestano tutti con il Governo per problemi che questo non ha causato. I presepai di Napoli vogliono essere aiutati, i bar... Inutile distinguere le categorie. Qualcuno ha mai detto grazie? No, non l'ho sentito. Si dice che la via la deve dare lo Stato, ma perché? Lo stesso per la storia dei prestiti dall'Europa: vogliamo soldi senza che ci chiedano informazioni su come li usiamo. Immaginatevi in banca a dire che viene lesa la sovranità. Si precipita nella confusione nel modo più confuso possibile. Quando tutti pensano di aver ragione, è la fine. Non mi interessa la base del calcio, io finché ho giocato pallone prendevo borsa e scarpe, speravo che la mia fidanzata me le lavasse sennò ci pensavo da me, e basta. I dilettanti di che cosa devono aver bisogno per giocare a pallone? Campi ed organizzazioni ci sono, giocheranno un po' peggio ma chi se ne frega: andate e giocate a palloni. Se mi pongo il problema dei dilettanti quando arrivo alla Fiat ho chiuso bottega. I dilettanti si dilettino".
Come farà il professionismo a tutelare il proprio status elitario? Con un business plan?
"Se non l'hanno capito andranno in rosso. Il calcio è bravo a capire quanto vale l'indotto, e sono 5 miliardi ma ce ne sono anche 3 di debiti. Io sono l'azienda di me stesso, ma le aziende si valutano in base ai dipendenti o alle aziende in quanto tali? Non abbiamo gli stessi diritti? Il calcio è una bolla già esplosa. Oggi mi vengono a dire che senza due mesi di soldi delle tv saltano in aria? Allora saltate, fate quello che volete... Quel mondo è già ben oltre le proprie dimensioni. Il calcio va diviso in due: quelle che devono vincere e quelle che partecipano, i primi devono mettere un pacco di soldi e a volte non li hanno. Perché questa logica di due-tre società sullo stesso giocatore arrivano a dargli sempre più soldi. Ed ecco che si arriva ai 150 milioni di debito di gestione ogni anno. Società in cui tirare su il bandone la mattina costa già 300mila euro: questo non è un mondo sano, produce disordine e non lavoro e ricchezza. Nel disordine o scappi col malloppo o, per la maggior parte, lo prendi in tasca. Sono contento però che abbiano capito che il calcio deve essere risanato. Se dai 31 milioni, in tutto 54, a Ronaldo hai metà del fatturato di una società grossa e storica di Serie A come può essere la Fiorentina. Questa può essere un'industria?".