Santacroce: "Coronavirus? Sono esiliato a Verona senza poter vedere la mia famiglia. Sul taglio degli stipendi e la ripresa dei campionati..."

Le Interviste fonte : Il Roma
Santacroce: Coronavirus? Sono esiliato a Verona senza poter vedere la mia famiglia. Sul taglio degli stipendi e la ripresa dei campionati...

Santacroce parla del Napoli e del Coronavirus

Notizie calcio Napoli - Queste settimane di quarantena in casa non sono semplici per nessuno. Le persone più sfortunate sono ovviamente quelle decedute, quelle contagiate e chi ora piange un parente, un amico a causa della diffusione del Covid-19. Ma c’è anche chi soffre perché costretto a stare da solo, lontano dalla famiglia. È il caso di Fabiano Santacroce,ex Napoli ed attualmente alla Virtus Verona, che racconta il momentovissuto in Veneto, riuscendo a parlare anche di calcio, passando per il discorso stipendi.

Innanzitutto come sta Fabiano Santacroce?
«Bene. Sono rimasto a Verona, non ho avuto neanche la possibilità di scendere a Napoli. Sto trascorrendo questa quarantena un po’ in solitaria».

Ha mai pensato di tornare a Napoli dalla sua famiglia?
«Sì, assolutamente. Ci penso ogni giorno. Ma ci sono delle regole e non si può fare altro. Cerco di vederle comunque ogni giorno in videochiamata».

Che aria si respira a Verona?
«Io respiro l’aria di casa (ride, ndr). I problemi qui sono iniziati prima rispetto a giù. Siamo vicini a tutti i centri, quelli grossi. Perché già Brescia, Padova sono state colpite parecchio. Quindi c’è tanta preoccupazione, però la gente fortunatamente non esce e quindi speriamo passi presto».

Il Veneto è tra le regioni più colpite. Quanta preoccupazione percepite?
«Di preoccupazione ce n’è, perché avvertiamo i morti che ci sono stati e ci sono tutti i giorni. Vedendo il bollettino cresce la grande tristezza. Non è una semplice influenza come magari ce l’avevano fatta passare all’inizio».

Qual è l’episodio che resterà più impresso alla fine di tutto?
«Saranno tante le cose impresse. Sicuramente lo stare lontano dalle mie bambine per così tanto tempo in maniera così forzata è una cosa brutta, pesante. È pesante anche il fatto di trovarsi in una città e restare chiusi in casa per paura di uscire fuori. Sembra quasi di essere in uno di quei film che in passato consideravamo futuristici, invece eccoci qua».

Cosa farà Santacroce quando il virus sarà sconfitto?
«Sicuramente cercherò di andare il prima possibile dalle mie figlie. Molto probabilmente non resterò chiuso in casa neanche per dormire, inizio ad odiarla e a non farcela più. Quindi mi gusterò un po’ di più lo stare fuori, all’aria aperta».

Quanto è dura non potersi allenare in campo e lavorare solo da casa?
«Tantissimo. Per noi è molto faticoso allenarci senza pallone. Non siamo neanche più abituati a fare allenamento a secco per così tanto tempo. Per quanto mi riguarda sono tre settimane che corro fuori (perché ho la fortuna di abitare in un parco), però tutto il resto lo faccio in casa e non è facile».

Quanto ci vorrà per recuperare e ritrovare il ritmo partita?
«Penso un paio di settimane. Dovremo stare molto attenti, sarà difficile per tutti i preparatori che dovranno organizzare una sorta di nuova preparazione. Ancor più difficile, perché dovrà essere concepita per farci giocare ogni tre giorni. Credo che il tasso di infortuni sarà molto più alto in questo periodo, anche se spero di no. Sarà un campionato strano, sia sopra che sotto».

I calciatori saranno tutelati?
«Credo sia una sciocchezza questo discorso degli stipendi. È anche giusto, ma nel momento in cui non dobbiamo recuperare le partite. Se il campionato finisce oggi, allora è normale, non sto lavorando, quindi è giusto che non arrivi uno stipendio. Ma se dobbiamo recuperare partite, anche fino a luglio, le vacanze ce le siamo bruciate dovendo stare adesso a casa forzatamente. Quindi se poi dobbiamo giocare ogni tre giorni, giocare una partita e finire il campionato, non ha senso toglierci lo stipendio».

Qual è la soluzione ideale per terminare il campionato, dalla Serie A alle categorie inferiori?
«Me lo sto chiedendo ogni giorno, ma mi chiedo anche se sia giusto. Sicuramente capisco ci siano tanti, troppi interessi per continuare questo campionato. Purtroppo io amo il calcio, amo giocarci ed amo farlo con i tifosi. Perché una delle cose belle è la gente che ti viene a guardare, a sostenere, ma anche ad insultare. È il bello di fare il giocare. Penso che se continueremo a giocare lo si farà a porte chiuse». 

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