Faustinho Canè ha rilasciato un'intervista a "Il Giornale": "Non credo che si tratti di razzismo. L’ho già detto quando c’è stato il caso Koulibaly. Il razzismo è discriminazione, queste sono offese, anche se volgari, è voler innervosire l’avversario, voler disturbare le società. Non sanno come insultarti e allora ti gridano negro. Ma io venivo da un paese dove le differenze razziali si sentivano ancora. Noi neri eravamo la maggioranza, ma certo eravamo anche la parte più povera. Pensi che c’erano ancora dei club calcistici, come la Fluminense, dove giocavano due o tre campioni di colore ma non erano ancora ammessi alla vita sociale del club. Uno di questi era addirittura Didì, che tra l’altro era sposato con una bionda bellissima che si è poi data da fare parecchio per far cadere queste barriere e far accogliere il marito in pieno"
"L'allenatore che mi ha dato di più? Se non fosse stato per lui probabilmente non sarei nemmeno qui, me ne sarei tornato a Rio. Lui mi spostò a giocare da ala perché aveva capito che in quel ruolo avrei dato il massimo. Però anch’io ce l’ho messa tutta, perché non volevo che il mio sogno fallisse, anche se il Napoli di allora era una società disorganizzata. Pesaola ci riportò in serie A, ci fece vincere la coppa Italia e ci fece sfiorare lo scudetto. Poi entrò in collisione con Fiore, che era invidioso di lui, e se ne andò via. A vincere lo scudetto a Firenze. Ma poi tornò a Napoli e io gli sono rimasto vicino fino ai suoi ultimi giorni”
La cessione al bari per 86 milioni con Ferlaino presidente: "Ricordo che lo scoprii in aereo mentre tornavo dal Brasile e uno steward mi fece vedere un giornale con la notizia in prima pagina: Cané al Bari. Se non fossi stato sposato, sarei tornato a Rio con quello stesso aereo. Mi sentii tradito, cercai di oppormi, ma allora c’era poco da fare”