Calaiò: "Mi chiamò Mazzarri, serviva un vice Cavani: tornai di corsa, vi racconto cosa fece il Matador prima di Torino! Lavezzi, quando arrivò..."

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Calaiò: Mi chiamò Mazzarri, serviva un vice Cavani: tornai di corsa, vi racconto cosa fece il Matador prima di Torino! Lavezzi, quando arrivò...

News calcio, le parole di Calaiò sul Napoli

Ultime calcio Napoli - Ad 'Un calcio al Corona', condotto da Manuel Guardasole, sulla pagina Instagram di Bonuslab, è intervenuto Emanuele Calaiò:

"Con tutte le stagioni che ho fatto a Napoli, ho le maglie di tutti ma non ho quella azzurra. L'ho sempre data a tutti quello che me l'hanno chiesta e non ne ho una per me. So quanto è importante per i tifosi del Napoli avere un oggetto di un giocatore. Se avessi potuto, l'avrei data a tutti. PEr attaccarla qua a casa mia, la devo chiedere ai miei genitori. La carriera di allenatore non l'ho presa in considerazione: tanti compagni hanno intrapreso questa strada, si vedeva da giocatore. A livello di carisma, mi avevano sempre fatto credere questo. Le società del sud devono investire di più sui giovani e io oggi, per il mio ruolo, ne vedo tanti. Sarebbe bello anche prenderli dalla strada e farli vivere un sogno. Faccio gavetta per poi studiare da club manager o direttore sportivo. Ho girato per 25 anni in questo mondo, conosco tante persone e tanti ruoli. Ogni squadra ha una vecchia bandiera nel proprio organico dirigenziale e una figura del genere manca nel Napoli. A me piacerebbe rappresentare questo club. Napoli? Avevo fatto 6 gol a Pescara fino a gennaio ma sarei dovuto andare via da giugno. Avevo altre richieste in serie A, ma avevo scommesso su me stesso. Ho sempre scelto i progetti che mi stuzzicavano e Napoli sapevo poteva rendermi grande come calciatore. Se fai bene a Napoli, puoi giocare ovunque. Anche a Parma ho fatto la stessa cosa. Serie A a Napoli? Sembrava una festa scudetto: tornando da Genova vedemmo qualcosa di unico. Col pullman scoperto abbiamo girato la città: è stata vissuta come uno scudetto. Fu la serie B più forte. La curva con la scritta 'Ti Amo', i commenti tv, il mio gol col Lecce: da brividi! Esultanza? Nacque da me, invitai amici a cena e cercavamo un'esultanza diversa da tutti gli altri. C'era Toni con la mano all'orecchio, Totti col ciuccio e io volevo un qualcosa di mio. Un qualcosa che possa essere riproposto nel tempo da qualcuno. Mandare la freccia nel cuore dei tifosi, era questo l'obiettivo. Gol più bello? Quello che ha avuto più valore è quello con il Lecce, ma anche col Perugia quando andammo in B. Poi ricordo quello in coppa Italia con la Juventus dove Cannavaro segnò in rovesciata e andammo al turno successivo. Compagno di reparto? A Napoli mi sono trovato benissimo con Pià: giocavamo a due punte e ci trovavamo a memoria. Mi giravo e a occhi chiusi sapevo già dove fosse. Con Sosa, con il 3-5-2, giocavo più da seconda punta e cambiavo il mio modo di giocare: andavo sulle sue spizzate di testa. Anche con Lavezzi mi trovavo bene, anche se con Reja giocammo solo la prima gara col Cagliari. Con Cavani ho giocato solo una gara. Mazzarri mi chiamò. Serviva un giocatore di esperienza che conosceva lo spogliatoio. A Siena stavo facendo benissimo. La trattativa era avviata, Mazzarri mi fece capire che con Cavani era dura ma avendo tre competizioni lo spazio potevo trovarlo. Giocare in Europa League, la qualificazione in Champions League: quando ti chiama Napoli rispondi si, è un grande onore. Era difficile avere spazio, Cavani voleva giocare sempre. C'era un Torino-Napoli, Edi era in Nazionale e lui tornava il venerdì. Non si era allenato tutta la settimana, credevo di poter giocare a Torino, chiese a Mazzarri di scendere in campo e fece tripletta il giorno dopo. Era una macchina: dopo l'allenamento, metteva la maglietta e le cuffiette e andava a correre un'altra ora. De Zerbi? Non me lo aspettavo da lui che potesse allenare così: è anche bravo e preparato. Tanti ex allenatori mi dicevano di voler andare a Foggia a vedere i suoi allenamenti. Sento Roberto, è uno spasso, sempre pazzerello nello spogliatoio e non è cambiato tanto. Ha personalità e carisma e per un allenatore è importante. Lavezzi? Il primo giorno che mise piede a Castel Volturno, si mise un pantalone corto con giacca e capelli lunghi. Se lo vedevi negli allenamenti, dicevi 'ma chi abbiamo preso?', poi spaccava le partite. Marino ebbe una grande intuizione come con Hamsik e Gargano".

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