Nel cuore di una serata carica di attesa e tensione, Renzo Arbore ha seguito la partita che ha consacrato il Napoli campione dâItalia con un compagno speciale: il ricordo vivo e partecipe di Luciano De Crescenzo. âQuasi commossoâ, il maestro racconta unâemozione doppia, tra la gioia per il quarto scudetto e la nostalgia per lâamico filosofo-ingegnere, con cui condivise il primo storico trionfo. Un tifo nato ai tempi di Jeppson e diventato fede assoluta grazie a De Crescenzo, che durante le partite esigeva il silenzio assoluto. âIeri ho patito assieme a luiâ, confessa Arbore, che tra scaramanzie e batticuore ha vissuto ogni minuto come se fosse ancora seduto accanto a Luciano.
«Ho visto la partita in bella compagnia... assieme a Luciano De Crescenzo, quasi commovendomi. Al primo scudetto eravamo insieme. Al quarto non potevo escluderlo. Ho visto la partita con lui accanto a me, pensando: che cosa sentirebbe ora, cosa direbbe? Ah, qui certamente sarebbe in ansia, qui si arrabbierebbe. Già simpatizzavo per la squadra ai tempi di Jeppson (anzi, «Jeppsòn»), ma attraverso Luciano diventai tifoso. Quando c'era la partita, non si poteva interloquire con lui: il silenzio, religioso, era una necessità . Ieri ho patito assieme a lui. E sono stato scaramantico più dei napoletani stessi, che avevano già cucito il n. 4 sulle bandiere, più convinti di me della vittoria; assieme a lui ho sofferto l'attesa spasmodica, l'ansia, e alla mia età le emozioni forti devono essere controllate, perché non fanno bene alla salute. Il primo gol è stata una liberazione. Il secondo, il trionfo».