Le dichiarazioni di Francesco Acerbi al Corriere della Sera hanno già fatto il giro del web. Rompendo il silenzio durato diversi giorni, il difensore dell'Inter è tornato a parlare della vicenda che lo ha coinvolto e della sentenza di assoluzione dopo i presunti insulti a Juan Jesus.
Tra le altre cose, hanno chiesto ad Acerbi un commento sul razzismo nel calcio italiano e lui ha risposto: "Ma questa non è lotta contro il razzismo, non câè stato nessun razzismo in campo e io non sono una persona razzista: il mio idolo era George Weah e quando mi fu trovato il tumore ricevetti una telefonata a sorpresa da lui che ancora oggi mi emoziona".
Se non è lotta al razzismo, allora cosâè? "Si sta solo umiliando una persona, massacrando e minacciando la sua famiglia, ma per che cosa? Per una cosa che era finita in campo e nella quale il razzismo non câentra nulla. Il razzismo purtroppo è una cosa seria, non un presunto insulto".
Il giornalista insiste, facendogli notare che il campo non dovrebbe essere una zona franca per dire tutto. Acerbi risponde: "Non dovrebbe esserlo, ma si sente un poâ di tutto, anche se ci sono quaranta telecamere. Se lâarbitro dovesse scrivere con carta e penna tutto quello che sente, dovrebbe correre con lo zaino. Però finisce sempre lì, altrimenti diventa tutto condannabile, anche gli insulti ai serbi, agli italiani, alle madri".