Ultime SSC Napoli - Punto 17, Marek Hamsik dà l'addio al calcio giocato. La partita si terrà il giorno 5 luglio alle ore 19 a Bratislava in Slovacchia allo stadio Tehelne Pole, CalcioNapoli24 la trasmetterà in esclusiva per l'Italia attraverso tutte le proprie piattaforme: sito web, social, Youtube e sul canale 79 del digitale terrestre su Napoli e Caserta.
Chi lo ha portato a Napoli è stato il direttore Pierpaolo Marino che ne ha parlato, in esclusiva, ai microfoni di CalcioNapoli24:
Direttore, ci racconta l'arrivo di Marek a Napoli? Come nasce la trattativa?
"Hamsik per me fu come un'illuminazione, perché fu casuale la sua scoperta. Era l'anno che noi vincemmo il campionato di C. E siccome eravamo con largo anticipo in Serie B, approfittando che la B si giocava di sabato e la C si giocava di domenica, il sabato andavo sempre a vedere le partite. Quel sabato, quando mancavano 5-6 partite alla fine del campionato, decisi di andare a vedere il Brescia, che giocava con l'Albinoleffe. Andai perché il Brescia aveva un giocatore che era Milanetto, che si stava svincolando ed era un regista e noi cercavamo per l'anno dopo in Serie B un regista visto che Fontana non eravamo intenzionati a riconfermarlo. Milanetto uscì a 7-8 minuti dalla fine. A quel punto io, avendo più o meno esaurito il mio compito e non avendo riscontrato in Milanetto quelle prospettive per noi, anche se poi Milanetto andò al Genova e fece bene visto che il Genova fu promosso insieme a noi dalla B alla A. In pratica io mi alzai in piedi, ricordo, e nell'alzarmi in piedi vedi questo ragazzo che entrava, che aveva questa cresta così alta, e io la settimana prima avevo litigato con mio figlio Gianmarco perché si era fatto una cresta del genere e non volevo che la portasse. Allora fui attirato più dalla cresta che dal giocatore e mi dissi: 'ma chi è questo che ha la cresta come Gianmarco?' Andai a vedere l'elenco e lessi che era uno straniero. Era Marek Hamsik, soprattutto mi intrigò il fatto che aveva 17 anni e mezzo. Allora dico, ma fammelo guardare, e per la verità Marek giocò nel ruolo di regista al posto di Milanetto, anche se non era il suo ruolo, però onestamente chiamatela Illuminazione, chiamatela come volete, però vedi l'espressione di come si gioca al calcio. Anche se non era il suo ruolo, quello in cui poi è esploso da mezzala, ma faceva il regista in quella partita, il modo di toccare la palla, la sua coordinazione, i suoi movimenti che lo facevano sembrare una rappresentazione di come bisogna giocare al calcio. E così quando finì la partita, mi segnai di seguire questo ragazzo e ritornai a vederlo. L'anno dopo, quando stavamo allestendo la squadra, l'avevo messo in cima alla lista dei miei desideri e ne avevo parlato tra l'altro a De Laurentiis anche se Corioni è sempre stato una bottega cara, dovevamo cercare di prenderlo. Leggevo che lo volevano anche delle grandi squadre e dovevamo anticiparle. 'Ma tu sei sicuro?' mi chiese De Laurentiis. E io lo ero. E così andammo ad una riunione di Lega, la prima riunione di Lega di Serie A e B, perché in C non ci veniva Aurelio alle riunioni. E io ero intento, alla prima riunione a cui partecipava, a presentarlo a tutti i presidenti, che per la prima volta lo incontravano. Quando gli presentai Corioni, Aurelio fa: "oh, ma tu sei il presidente del Brescia e guarda che qua c'è Marino che si è innamorato di un tuo ragazzino, qua vediamo di prenderlo". E naturalmente Corioni disse che lo volevano tutte le grandi squadre. Ma De Laurentiis gli disse di non preoccuparsi e di fare con me la trattativa e di darmelo perchè avremmo fatto tante cose insieme. Aurelio ci sa fare molto su queste cose, lui è un grande ammaliatore, soprattutto nelle negoziazioni. Offrimmo 5 milioni, Corioni ne voleva 7-8 e allora Aurelio disse: "Guarda che io devo fare il regalo a Pierpaolo, perché siamo andati in serie B. Devo fargli il regalo altrimenti questo mi si intristisce". Insomma in quell'estate comprammo Marek. Questo era un anno prima che andassimo in A, noi lo lasciamo ancora a Brescia con la promessa di acquisto un anno. Tant'è che Marek venne a giocare qui una partita di campionato di serie B con il Brescia e fece anche gol".
Marek fu presentato insieme a Lavezzi, un altro colpo importante di quel Napoli. Queste sono le fondamenta del ciclo Napoli?
"Sì perché intanto ad Aurelio servirono ad imparare una politica di sostenibilità del calcio, noi siamo andati in serie A continuando a pensare che il calcio Napoli dovesse essere sostenibile, e quindi non fare gli errori che nel passato avevano portato al fallimento, alla cancellazione puntando sugli ultratrentenni e con nomi ammalianti. Questi due ragazzi furono i primi acquisti, tra l'altro costarono 11 milioni in due, furono i primi perché io volevo dare il segnale di quale sarebbe stata la politica del Napoli, infatti al primo anno ci presentammo alla seconda di campionato a Udine con l'Udinese che eravamo le due squadre con l'età media più giovane della serie A in quel campionato e vincemmo 5 a 0. Quindi fu l'esplosione di questa politica che poi ha portato il Napoli a cominciare a chiudere bilanci in largo utile, a contenere il costo dei giocatori, degli stipendi: acquisti sostenibili e credo che lì Aurelio abbia assorbito molto di quel tipo di politica che poi avevo fatto già anche all'Udinese".
Voglio restare un attimo su quella presentazione perché all'arrivo Marek era giovanissimo, fu definito un bambino, effettivamente lo era, era molto giovane
"Ma anche Lavezzi lo era, aveva solo un anno in più di Marek. E vero che aveva vinto lo Scudetto in Argentina, però erano due ragazzini. E allora arrivò questo striscione che mi meravigliò molto perché la tifoseria era molto euforica in quel momento per la crescita del Napoli. Ci fu questo striscione, fuori Castelvolturno quando ci fu la presentazione di questi primi due acquisti del Napoli di serie A, sul quale c'era scritto: "Marino basta ragazzi, vogliamo campioni".
Direttore prima ha detto la prima volta che l'ha visto, ha notato la sua cresta ma poi gli ha mai detto qualcosa?
"No, perché ho accettato pure la cresta di Gianmarco. Mi dissi, se la portano pure i giocatori, perché devo negarla a mio figlio che tra l'altro giocava a calcio in quel momento lì. Gianmarco, stiamo parlando del 2007, aveva 15 anni in quel momento, me lo portai proprio il giorno in cui definimmo i contratti sia con Marek che con il Brescia, rappresentato dal suo direttore Nani che oggi è all'Udinese".
Da quel momento, in pratica, Marek e suo figlio hanno cominciato a stringere un rapporto di amicizia solido
"Sì so che si sono visti spesso e che qualche volta sono andati anche in qualche locale insieme. Questo mi faceva piacere anche perché Marek era un ragazzo frequentabile, non aveva nessun tipo di problematica anzi poteva essere anche un esempio positivo per Gianmarco".
Aveva la sensazione da subito che avesse grandi qualità ma si aspettava potesse fare un'esplosione del genere?
"Guarda io ero convintissimo di Marek perché per me rappresentava il calcio: il suo modo di interpretare il ruolo e di interpretare il gioco del calcio, era un ruolo quasi pedagogico cioè se io avessi dovuto portare un ragazzo delle giovanili da un centrocampista per imparare come si doveva muovere, sarei andato da Marek, era un'enciclopedia del calcio già a quell'età".
Non per niente oggi ha un'accademia
"E' un ragazzo d'oro, io non ho dubbi che lui possa insegnare calcio anzi ci vorrebbero anche in Italia maestri di calcio per ragazzini come Marek. La cosa curiosa fu che quando Reja vide Hamsik e Lavezzi in ritiro, approvò subito i loro acquisti. Su Marek non aveva dubbi, un ragazzotto di qualità, mentre qualche dubbio l'aveva su Lavezzi in quanto grassottello. Col Pisa in coppa Italia, infatti il Pocho non giocò, subentrò perché stavamo perdendo clamorosamente in casa 1-0 a pochi minuti dalla fine e fece il gol del pareggio. Ai supplementari fece altri due gol e riuscimmo a passare il turno".
Restando invece sui primi periodi di Marek al Napoli dopo appena tre mesi lei lo incontrò, gli voleva ritoccare l'ingaggio. Lui le rispose di avere un contratto di cinque anni ed era quello che gli bastava
"Sì, perché in realtà io gli avevo fatto un contratto che credo fosse di 70-80 mila euro perché col Brescia aveva addirittura il minimo federale e il suo procuratore, una persona intelligente, equilibrata, che sapeva di dover sfruttare questa occasione del Napoli, accettò con entusiasmo. E quando cominciò a fare bene, per non farlo stare in una disparità esagerata di trattamento con gli altri compagni, lo chiamai per riverdergli il contratto, volevo aumentarglielo. Mi disse che tutto quello che avrei dato andava bene e così lo portai mi pare a 120 mila euro netti che allora, insomma, erano anche una cifra bassa. Però dopo ho rinnovato il contratto ancora un paio di volte".
Ma la sua famiglia quanto è stata importante?
"La famiglia di Marek è la famiglia ideale per un calciatore. Io ho conosciuto la mamma e il papà e non si sono mai permessi di dire una parola fuori dalla completa educazione. Sempre positivi nell'esaminare tutte le situazioni. Una famiglia classica, non sembravano provenire dall'estero: avevano il culto della famiglia, simile alle nostre famiglie, quelle della sana provincia italiana".
Spesso è stato criticato ma Marek non si è mai lamentato
"E' un ragazzo difficile da criticare sia per quello che ha dato in campo sia per come si comporta da professionista. Però è un ragazzo talmente sicuro di quello che è il suo modo di agire e di quelle che sono le sue caratteristiche di educazione e di professionalità che non l'ho mai visto offendersi per qualcosa. Non è il giocatore che legge i voti della pagelle per poi andare a dire le parolacce al giornalista che gli ha messo il voto basso".
Direttore quando Marek andò via, lei scrisse: 'Grazie della stupenda favola che per 12 anni con classe e semplicità hai voluto valorosamente raccontarci'. Si evince un legame forte con Marek?
"Quando sono andato via dal Napoli non è che abbia frequentato molto Marek. È ovvio che ogni volta che da avversario o con l'Atalanta o con l'Udinese le mie squadre successive ho affrontato Marek, ci siamo sempre salutati con piacere. Marek chiaramente mi faceva una festa negli spogliatoi e mi portava lui la maglia sempre con la dedica. Io credo di essere stato discreto con lui come lui lo è stato con me. Forse ha frequentato più i miei figli, so che qualche volta nei dopo partita da avversari hanno festeggiato insieme".
C'è un aneddoto che vi riguarda?
"Quando ha subito quelle due rapine a Napoli, io sono stato subito avvisato. Addirittura una era a mano armata. Fui subito avvisato dalla Questura dopo poco tempo che si era verificata la rapina e mi preoccupai subito di cercarlo: la mia preoccupazione era che Marek decidesse di andare via, come parecchi giocatori fanno quando succedono queste cose. L'ho cercato al telefono e gli ho detto subito che purtroppo sono cose che succedono a Milano come a Torino e possono succedere anche a Napoli. Lui mi rispose: 'Direttore, non si preoccupi queste cose le so e io resto a Napoli: non è questo che mi fa andare via da Napoli'".
Eppure nonostante le tante richieste, non è mai andato via. C'è stato un momento che effettivamente ha temuto potesse andare via?
"A me chiamava Branca dell'Inter per Marek. Aurelio non ha mai voluto e dissi a Branca che era incedibile. Poi, però, seppi da Aurelio che dopo un paio di giorni che avevo detto questo a Branca, Moratti lo telefonò direttamente ma lui rispose allo stesso modo. Marek negò il suo assenso ad andare via: sapete che nel calcio moderno, se il giocatore s'impunta e vuole andare via difficilmente cambia idea ma con lui non fu così"
E dall'estero qualche club che era molto interessato a Marek?
"Sì, dall'Inghilterra arrivavano delle proposte però io neanche le ascoltavo perché in realtà sapevo che il nostro Marek non ci avrebbe mai tradito. Poi i rinnovi erano facili con lui, non c'era nemmeno da sedersi al tavolino, si facevano sulla parola con le strette di mano".
Per lei Marek è un calciatore che poteva fare il ruolo di regista?
"Secondo me poteva fare anche il ruolo di regista, però in buona sostanza quando le gambe sono fresche, sono forti e il fiato ti regge come fino ai 30 anni, 31 anni, il suo ruolo era mezzala perché lui era un incursore. Aveva una capacità di proiettarsi negli spazi in area, di sfruttare ogni spazio che si creava e poi era dotato di un'aggressione alla porta che era simile a quella di un attaccante".
Quando l'ha visto entrare nella storia del Napoli come calciatore con più presenze, superare il record di gol di Maradona anche se poi è stato battuto da Mertens, che cosa ha pensato, cosa le è venuto in mente?
"Sono stato orgoglioso ovviamente e mi sono ricordato di come questo giovani sia diventato campione. Per fortuna che i campioni li avevo portati quando erano ancora giovani".
Sono due calciatori diversi, voglio però paragonare Marek Hamsik a Scott McTominay. In cosa si differenziano e se crede che Scott possa nel Napoli di oggi ripercorrere le orme di Marek?
"Sicuramente McTominay è un incursore come Marek, ha un'aggressione alla porta importante anche se Marek forse tecnicamente aveva un qualcosa di più di McTominay che però fisicamente ha qualcosa in più di Marek. Io dico che sarebbero stati due giocatori da vedere insieme. McTominay lo ricorda molto, soprattutto nel modo in cui aggredisce la porta. Poi nello sviluppo del gioco Marek era più geometrico, più illuminante, anche se McTominay fa delle cose importantissime cosa che mi fa dire che è un fuoriclasse in questo Napoli".
Direttore le chiedo un altro aneddoto che riguarda Marek.
"Io dicevo che a Marek mancava il gol cost-to-cost. Io lo prendevo in giro, gli dicevo che Diego Maradona, che io ho avuto la fortuna di vederlo giocare, faceva i gol da un'area all’altra. Poi arriviamo, credo, alla penultima di campionato con il Milan che venne a giocarsi l'accesso alla Coppa Campioni, mentre noi ci giocavamo l'accesso all'Intertoto. Ricordo che nel Milan giocava ancora Pippo Inzaghi. E Marek fece questo gol strabiliante, vincemmo 3-1, partendo praticamente dalla nostra metà campo e arrivando a rete. E dopo la partita mi disse: "Ha visto che l'ho saputo fare?"
Marek dà l'addio al calcio, è davanti a lei, cosa si sente di dirgli?
"Bravo, hai realizzato il sogno che i giovani tentano di realizzare nella vita. Ma soprattutto hai realizzato il sogno di diventare un fuoriclasse, un campione e un uomo da raccontare".
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