Napoli-Arsenal proprio non scende giù. Si era chiesta l'impresa, la realtà è che sarebbe bastato tanto impegno, fame, grinta e il forte tentativo quantomeno di provarci. Il Napoli visto in campo ieri, salvo la pace del terzetto difensivo impeccabile, è stato nettamente fra i peggiori dell'intera stagione. Probabilmente il peggiore. Perché non passare in semifinale di Europa League ci può stare, ma non averci praticamente quasi mai provato in 180' ha stupito (e in negativo).
Bagno di umiltà, sembra proprio ciò che serve in questo momento nell'ambiente Napoli per fermarsi un secondo, ragionarci su, metabolizzare e ripartire. Perché non è la prima, non sarà l'ultima notte deludente. Dura a mandar giù, questo sì. Ma la sensazione netta che arriva dall'ennesimo passo falso su grandi palcoscenici e dal mancare le grandi occasioni è che è questa (al momento) la dimensione del Napoli, comprenderlo e accettarlo non è segno di debolezza né una resa, sembra invece il primo passo obbligatorio per guardare al futuro. Diversi soggetti sia del microambiente che del macroambiente attorno alla SSC Napoli, per motivi diversi, devono ripartire proprio da qui: dall'umiltà, virtù per la quale l'uomo riconosce i propri limiti, rifuggendo da ogni forma d'orgoglio, di superbia, di emulazione o sopraffazione.
"Non so cosa manca a questo Napoli, dico solo che che dobbiamo capire che siamo giocatori normali e stiamo facendo davvero bene".
Giocatori normali, sì. Perché probabilmente (e già lo si diceva un anno fa, nonostante il calcio-spettacolo di Sarri) l'unico top player in rosa ha il nome e il cognome di Kalidou Koulibaly. Il primo passo per ripartire è tornare a fare le cose semplici, è tornare a considerarsi una squadra capace di tutto solo quando dà il 101% in campo, gioca sovraritmo e quando, come con Sarri, riesce a creare una forte identità. Serve più grinta, più attaccamento che ieri non si son visti. Troppi i singoli che tentano colpi e giocate con sufficienza, tocchetti sterili e conclusioni pretenziose: da Zielinski a Callejon, da Allan a Mertens e Insigne. Nessuno escluso, ovviamente. Ma per chi crede ancora nel progetto Napoli e vuole ripartire, dovrà ripartire da questo.
Ma il bagno di umiltà per Ancelotti riguarda una valutazione, necessaria e probabilmente tardiva: è vero, si tratta di un anno di transizione e lo si sapeva dall'inizio, con l'obiettivo vero e concreto societario stagionale che è stato raggiunto (il piazzamento Champions), ma la sensazione è che troppi calciatori azzurri, soprattutto nei ruoli chiave, si siano dovuti adattare ad un sistema di gioco poco adatto alle loro caratteristiche, un cambiamento repentino dopo i tre anni con Sarri. E gli effetti sono visibili nei match più probanti, con la difficoltà a imporre il proprio gioco e graffiare con gli uomini offensivi. Uomini e modulo, per il futuro del Napoli quest'estate bisognerà davvero rifletterci su.
Poco umili anche, a fronte delle cessioni e avendo quindi soltanto 3 centrocampisti centrali in rosa (di cui due utilizzati, fino alla cessione di Marek Hamsik, prevalentemente come esterni nel 4-4-2), a chiedere più di così proprio all'allenatore partenopeo, esponendolo a critiche che non fanno certo bene all'ambiente per il futuro.
Chiedere e pretendere sempre il massimo, quello che non si è visto ieri, è condivisibile, poco umile è invece voler più delle concrete possibilità di questa squadra e soprattutto di questa società: è il primo passo per andare avanti, accettare ed iniziare a capire come ragionano le società di calcio di quest'epoca. Un'azienda a tutti gli effetti, con obiettivi nel breve e nel medio-lungo termine. E' vero, il calcio vive di mode che condizionano i tifosi: adesso è l'Ajax moment, ma sicuri sicuri di voler un club su modello Ajax? Non piacerà certo ai tifosi la frase pronunciata ieri sera da Carlo Ancelotti in conferenza, in continuità con quelle dichiarazioni tanto contestate dalla tifoseria al patron, ma condivisibili per onestà intellettuale:
"Non facciamo drammi, qui non li fa la società né i calciatori, siamo tutti uniti e compatti per migliorare questa squadra rispetto a quest'anno. D'altronde non mi sembra che il Napoli nella sua storia abbia fatto tanti quarti di finale, quindi l'obiettivo è cercare di migliorare sempre".
La sensazione è che si tratti di un Napoli a fine ciclo, spinto un anno più in là solo dall'approdo in azzurro di Carlo Ancelotti, ma che ha delle scorie derivanti dalla fine dell'era Sarri e con qualche calciatore che inevitabilmente è a fine ciclo in azzurro, scarse motivazioni e voglia di cambiare aria. Anche nomi pesanti. Un anno di transizione, in cui l'obiettivo societario di essere alle spalle della Juve in campionato e di piazzarsi in Champions ogni anno è comunque stato raggiunto, ma adesso bisogna ripartire: tutti coesi, uniti e compatti, con delle colpe da dividersi e un bagno di umiltà necessario.
di Manuel Guardasole
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