Mercato, staff, gerarchie ed identità di gioco: viaggio all'interno del mondo Ancelotti

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Carlo Ancelotti, allenatore del NapoliCarlo Ancelotti, allenatore del Napoli

Carlo Ancelotti ed il Napoli, un binomio che fino a qualche mese fa nessuno avrebbe mai immaginato. Un binomio ufficiale da ieri, con

Carlo Ancelotti ed il Napoli, un binomio che fino a qualche mese fa nessuno avrebbe mai immaginato. Un binomio ufficiale da ieri, con tanto di fotografia in posa da pistolero con il presidente Aurelio De Laurentiis (postilla: ma della posa vogliamo parlarne? Ce ne ricorderemo per anni). Detto ciò, che tipo è Ancelotti? In attesa della presentazione ufficiale il nove luglio a Castel Volturno, ci sono diversi aspetti che possiamo andare ad analizzare grazie ad un libro. Quale? Quello dello stesso Ancelotti: "Il leader calmo", scritto a sei mani con l’esperto di management Chris Brady e con il suo ex collaboratore Mike Forde. Ogni passaggio come può essere accostato al Napoli?

  • LA QUESTIONE DEL LEADER

"Quando s’ingaggia un leader è fondamentale che la persona che lo arruola sappia esattamente che compito intende affidargli: mantenere la cultura già esistente o fondarne una nuova? E' più facile che sia il coach a sintonizzarsi: a meno che, ovvio, la stessa società non voglia un grande rinnovamento o ci siano buoni motivi per abbandonare le vecchie convinzioni. Se, ad esempio, un importante club vuole spezzare il monopolio del suo più grande rivale e crede che l’unico modo sia assoldare un allenatore che ha già avuto successo altrove, può decidere di ignorare il fatto che questi non sia molto in sintonia con la cultura societaria, perché la priorità assoluta è vincere"

L'approccio di Carlo Ancelotti con il Napoli non sarà integralista, anzi. La decisione presa da De Laurentiis potrebbe essere in linea con la seconda parte della dichiarazione di Ancelotti: il Napoli, per spezzare il monopolio Juventus, ha la vittoria come priorità e crede di poterci arrivare solo tramite un allenatore vincente.

  • CICLO IN PANCHINA E MODI DI FARE

"Quando allenavo il Milan volevo che i giocatori parlassero solo in italiano, adesso che in ogni squadra ci sono calciatori di tanti Paesi diversi è più difficile, e spesso i ragazzi tendono a socializzare con i propri connazionali. (…) è una cosa che va messa in chiaro subito con i ragazzi, va fatto loro capire che non possono esserci clan"

Niente gruppi all'interno dello spogliatoio, insomma. Ed una sola lingua da parlare, in teoria: nel Napoli attualmente più di dieci nazionalità diverse, senza contare eventuali nuovo acquisti. Fare gruppo unico e da subito, una missione da far partire sin da Dimaro Folgarida.

  • L'IMPORTANZA DELLO STAFF TECNICO

"La primissima cosa è la fedeltà. All’inizio, quando allenavo in Italia, avrei voluto portarli con me di club in club. Molti allenatori lo fanno quando arrivano in una nuova società: sostituiscono tutto lo staff con i propri collaboratori. Il Chelsea, però, cambiò il mio atteggiamento su questo aspetto e mi fece capire che è possibile plasmare nuovi rapporti di lealtà e nuovi modi di lavorare. Lavorare con collaboratori che sono già parte del business in cui ti stai imbarcando può avere enormi vantaggi"

L'esperienza al Chelsea ha cambiato l'atteggiamento di Carlo Ancelotti, e fin qui va bene. Ed a Napoli potrebbe avere un aiuto in più dal suo staff: potrebbero rimanere, dal triennio Sarri, il vice allenatore Francesco Calzona, il collaboratore tecnico Simone Bonomi, il preparatore atletico Francesco Sinatti e quello dei portieri Alessandro Nista.

  • GERARCHIE E MANAGING

"Io con il presidente di turno ci sto poco, passo più tempo con il direttore generale, ed è lui poi a relazionarsi con il presidente. In sostanza, io e il dg facciamo lo stesso lavoro, ma a livelli diversi. Lui cerca di proteggere me da quelle che il mio amico Alessandro Nesta chiama “grane presidenziali” e io cerco di proteggere i giocatori da tutto ciò che sta sopra di loro e che potrebbe distrarli. Non posso controllare la volontà del presidente, posso solo sperare di influenzarlo, e l’unico modo per farlo è vincere. Perché se lui è felice, lo sono anch’io; e se lui non lo è, io perderò il posto e non potrò più proteggere i giocatori. Imparai che nessun modulo è più importante del presidente del club"

Il profilo, dopo queste parole, sembra essere quello dell'aziendalista. Non è detto che sia un male, anzi. C'è una 'mission' per Ancelotti, quella di vincere per mantenere totale l'armonia con De Laurentiis. La figura del direttore generale, all'interno del Napoli, non c'è. C'è Andrea Chiavelli, figura vicina a De Laurentiis, e c'è Cristiano Giuntoli, direttore sportivo vicino alla squadra. E' con lui, a questo punto, che Ancelotti si dovrebbe interfacciare a livello societario.

  • IL MERCATO

"Le trattative di solito sono responsabilità del direttore generale, ma spesso un giocatore prima di decidere vuole parlare con l’allenatore che troverebbe. Io ho parlato con tutti, o quasi, prima che firmassero per la mia squadra. I top player devono essere sicuri che quel trasferimento per loro sia la scelta giusta. A ogni modo, il mio compito principale nella fase di reclutamento è dire: «Abbiamo bisogno di un giocatore di questo tipo per questa posizione, e di un giocatore di quest’altro tipo per quest’altra». Posso suggerire un paio di nomi, ma poi è la società, insieme al team degli osservatori, a stilare una lista dei candidati papabili. A volte, quando è possibile scegliere tra due candidati per la stessa posizione, ho voce in capitolo, voce che può diventare determinante"

Niente nomi sul mercato? Non come priorità assoluta, a quanto pare: Ancelotti, come Sarri, indica il ruolo da rafforzare e al limite può suggerire qualche elemento. Poi tocca al club, De Laurentiis Giuntoli, chiudere il colpo. Ancelotti, insomma, ci parla prima della firma definitiva e decide soltanto quando ci sono due calciatori e l'ultima parola spetta a chi dovrà allenarlo. E sulle cessioni può far poco, se la società propende per la cessione definitiva di un elemento.

  • FAR CRESCERE I CAMPIONI

"Come puoi far crescere giocatori come Cristiano Ronaldo, che sono già al top? Con i giovani è un po’ diverso. Con loro bisogna fare un lavoro specifico per spostare in avanti i limiti, migliorare la visione del match e del proprio ruolo in moduli differenti, e anche un po’ la tecnica in aree in cui potrebbero essere carenti. La crescita tecnica va di pari passo con l’età del ragazzo. L’equilibrio non consiste nel perdere il talento per far adattare il giocatore alla squadra, ma strutturare la squadra in modo che possa accoglierlo"

La sfida più interessante per Ancelotti al Napoli sarà far crescere quei ragazzi più giovani che hanno talento e devono essere messi in modo da sbocciare definitivamente. I Rog, i Diawara, gli Zielinski, al limite anche gli Ounas. Sfruttare le loro capacità, scoprire i loro limiti, migliorarli attraverso l'utilizzo in campo. I giovani da una parte, quelli più esperti dall'altra a fare da guida all'intera rosa.

  • IDENTITA' DI GIOCO ED EVOLUZIONE TATTICA

"La chiave di tutto, sul campo, è l’identità della squadra, laddove per identità intendo lo stile di gioco. Ti blindi in difesa? Quanto è importante per te il possesso palla? E cosa ci fai, con la palla? Sono questi i fattori determinanti per l’identità di un team. Arrivando in un nuovo club vorresti introdurre dei cambiamenti e rimotivare i giocatori, mostrare loro la tua personalità e le tue idee, ma non bisogna stravolgere l’identità. L’identità deve plasmarla l’allenatore, che però a sua volta non può ignorare il club, il cui brand, come si è già detto, è fondamentale. I dati sono uno strumento, non devono trasformarsi in un’ossessione. Il possesso palla non basta per vincere una partita. C’è un solo dato che è sempre correlato alla vittoria, e sono i gol. Se ne segni più degli avversari, vinci"

Tattica, tattica ed ancora tattica. Senza cambiare totalmente le cose, secondo il libro di Ancelotti. Guardando al Napoli, si potrebbe ipotizzare un iniziale 4-3-3 sulla falsariga di quello sarriano - con alcuni accorgimenti tattici propri di Ancelotti. Però con un punto di rottura, rispetto a Sarri. Pur di aver la maggiore possibilità di vincere contro l'avversario, l'identità della squadra sarebbe predominante rispetto al modulo. E diversi calciatori azzurri hanno la giusta malleabilità per adattarsi in altri schemi tattici.

  • LA FRASE IDEALE

Ce n'è una, per Ancelotti. Chi l'ha detta? La leggenda del basket Michael Jordan, secondo il nuovo allenatore del Napoli uno dei più grandi sportivi di tutti i tempi a livello individuale, ma un uomo squadra ancora più grande: 

«Ci sono molte squadre, in ogni sport, che hanno grandi giocatori ma non vincono mai titoli. La maggior parte delle volte quei giocatori non sono disposti a sacrificarsi per il bene della squadra. La cosa divertente è che, alla fine, la scarsa disponibilità al sacrificio rende più difficile raggiungere gli obiettivi personali. È mia convinzione profonda che se si pensa e si ha successo come una squadra, i riconoscimenti individuali verranno da sé. Il talento fa vincere le partite, l’intelligenza e il lavoro di squadra fanno vincere un campionato»

di Claudio Russo - Twitter @claudioruss

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