L'analisi di Carratelli: "Caro Rafa, ti chiediamo l'ennesima riscossa"

Rassegna Stampa fonte : Mimmo Carratelli - Il Roma
L'analisi di Carratelli: Caro Rafa, ti chiediamo l'ennesima riscossa

Dopo il tonfo di Empoli, il Napoli è sceso a -5 dal terzo posto della Roma e a -6 dal secondo della Lazio. Restano da giocare cinque partite. A Empoli s’è fermato il Napoli di Benitez al di là delle tante discussioni sul 4-2-3-1. L’impressione è che, a Empoli, sia finito il credito di De Laurentiis per il tecnico madrileno. I meriti e i limiti del progetto Benitez sono già stati sottolineati da opinionisti attenti e non prevenuti. Il merito è aver tentato di sprovincializzare il Napoli, di farne una squadra protagonista, e non passiva, cioè una formazione con un proprio gioco da imporre all’avversario. E’ la “filosofia” alla base del calcio europeo. Nel secondo anno di Benitez sono però mancati quegli acquisti che avrebbero potuto rendere concreto il progetto del tecnico spagnolo e assicurarne il salto di qualità. E’ probabile che il Napoli (Bigon) abbia qualche presa sul mercato italiano (ed ecco Gabbiadini, domani Dybala se occorre), ma non ha avuto seguito la presa di Benitez su quello europeo dopo avere portato, nel primo anno, Higuain, Callejon, Mertens, Albiol, Pepe Reina. Non è il caso di fare processi (“caccia ‘e sorde”) che non portano a nulla, ma cercare di capire se i limiti del progetto Benitez potranno mai essere superati. Sui ruoli che rappresentano i limiti del Napoli sono tutti concordi. Sui giocatori da prendere i “suggerimenti” sono vari e, ovviamente, opinabili. L’accusa maggiore sul secondo anno di Benitez è rivolta al presidente per non avere saputo o voluto trattenere Pepe Reina. Il Napoli ha avuto problemi in porta. Sul resto dei giri di mercato si può discutere sino a un certo punto. Non credo siano da considerare dannose le partenze di Behrami (29 anni), Dzemail (28), Pandev (31), che oltretutto erano tra i giocatori più criticati. Il punto è che a centrocampo è fallito l’acquisto (Jorginho) che doveva essere il primo tassello di qualità in attesa di completare il settore. La difesa non ha avuto spesso un Albiol all’altezza, Ghoulam e Strinic sono stati due buoi acquisti, Koulibaly prometteva molto ma, come dice Pesaola, il saggio petisso, i giocatori di colore hanno bisogno di giocare sempre e di essere sostenuti da un continuo entusiasmo, se entrano “a freddo” dopo avere fatto panchina non hanno la concentrazione necessaria. Indubbiamente, Benitez ha sbagliato a inserire Koulibaly a Empoli (volendo far riposare Albiol tra gli azzurri con maggior numero di partite nelle gambe) dopo avere tenuto fuori il francese otto volte nelle ultime dodici partite. E’ mancato, nel secondo anno di Benitez, un difensore di carisma, esperienza, piedi buoni per comandare la difesa e, come pretende il tecnico spagnolo, dare il là alla manovra offensiva. Stando così le cose, l’accusa che si rivolge a Benitez è quella di non essersi piegato ai limiti della squadra (inserendovi a un certo punto Gargano) cambiando modulo tattico e facendo un po’ di “gioco all’italiana” per non perdere punti come è avvenuto. Il “gioco all’italiana” è un vecchio arnese che neanche più le provinciali utilizzano per salvarsi (Empoli, Sassuolo, Verona, Cagliari, Chievo) e che resta ancorato al gran numero di fortissimi difensori degli anni Sessanta e Settanta che non ci sono più. Ma non c’è dubbio che, pur conoscendo i limiti della squadra e molti limiti individuali degli azzurri, Benitez sia andato caparbiamente per la sua strada, da qui l’accusa di non capire il campionato italiano che è essenzialmente tattico. Si deve dire che il tecnico non ha avuto quest’anno la fortuna della sua prima stagione a Napoli con risultati che gli sono sfuggiti per episodi contrari. Ma, ad Empoli, la sua pervicacia tattica è stata punita duramente. La partita era da vincere per alimentare ancora le speranze di aggancio a un posto-Champions. Come gioca l’Empoli, e quanto gioca bene la banda di ragazzi bene istruiti da Sarri, era ed è noto. Una qualche contromisura, come ha poi fatto Benitez dopo un’ora di gioco, era necessaria, almeno per pareggiare numericamente il confronto a centrocampo dove l’Empoli, squadra corta, compatta e rapida, esprime il meglio delle sue possibilità. C’è anche l’impiego totale della “rosa”, giustificato dai numero impegni (50 e più partite sinora), che ha impedito al Napoli di giocare con una formazione-tipo che dovrebbe essere alla base di un rendimento costante. Gabbiadini e Insigne in panchina a Empoli, poi in campo nella ripresa, sono state due esclusioni discutibili all’avvio dopo l’eccellente prova contro la Sampdoria. A Empoli il Napoli c’è andato sullo slancio di tre vittorie che hanno forse illuso. Fiorentina, Cagliari e Sampdoria non erano proprio in un gran momento come hanno dimostrato le partite successive. L’accusa rivolta spesso a Benitez è di non considerare gli avversari, puntando ad annullarne i punti di forza, ma puntare tutto sul “suo” Napoli (con i limiti noti). A Empoli, più che in altre occasioni, questa accusa sembra legittima e giustificata dalla partita. L’alibi non può essere la disastrosa prestazione individuale di mezza squadra che ha spianato la gara e il successo ai toscani. Il Napoli non ha saputo reagire da “grande squadra” com’è nei sogni sul cuscino di Benitez. Una ulteriore accusa al tecnico madrileno è quella di non avere il pugno forte. E’ un rilievo giustificato da certe prestazioni del Napoli senza nerbo, carattere, orgoglio, determinazione. Maestro di calcio, ma non allenatore? La personalità di una squadra non nasce soltanto dalla sua qualità tecnica (filosofia di Benitez), ma anche dalle capacità atletiche, di sacrificio, di solidarietà in campo, di continua concentrazione e “rabbia” agonistica (Juve docet). E’ il “valore” che Benitez non trasmette? Chi può dirlo? Ma è un “valore” necessario, se non primario, per un Napoli che “grande squadra” sul piano tecnico non è o, almeno, non lo è completamente. Il Napoli di Vinicio aveva pochi assi, molte comparse e un paio di giocatori irriducibili (Clerici), ma grande e costante motivazione da diventare una squadra protagonista sono a sfidare la Juve per lo scudetto. I tempi però sono cambiati e il cosiddetto attaccamento alla maglia è pura illusione sentimentale in un calcio più mercenario e legatissimo ai soldi. Ci sta anche questo. Il Napoli “senza spina dorsale” potrebbe essere il motivo, ma è una mia personalissima impressione, del cambio della guida tecnica cui starebbe pensando De Laurentiis. Mihajlovic continua a dire che non sa niente del suo futuro, come se restasse sospeso al contatto col presidente azzurro smentito ufficialmente, ma sostenuto da più parti. Il ragionamento di De Laurentiis potrebbe essere questo. Poiché non riesco a costruire il Napoli come vuole Benitez, non arrivando a quei giocatori indispensabili al progetto tecnico dello spagnolo, mi affiderò a un allenatore più “concreto” che sappia gestire al massimo una squadra con i suoi limiti. Cioè una squadra più solida (e dovranno arrivare giocatori solidi) in grado di perdere meno punti. Vedremo che cosa succederà. Della partita col Milan inutile parlare. E’ la solita partita tutta per il Napoli che solo il Napoli può mandare a ramengo. La Roma (+5) ospita un Genoa lanciatissimo, la Lazio (+6) va a Bergamo contro un’Atalanta quasi salva (+8 sulla zona retrocessione). Perderanno punti? E, allora, il campionato del Napoli non è ancora finito.

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