Il Roma - Ha accettato la sfida come l'ultimo dei comprimari, ora torna a giganteggiare dal suo metro e sessantotto

Rassegna Stampa  
Il Roma - Ha accettato la sfida come l'ultimo dei comprimari, ora torna a giganteggiare dal suo metro e sessantotto

di Dario Marotta

Check–in ultimato, valigie sul nastro e volo in partenza. La rotta già scritta, un futuro lontano da Napoli. Troppo ingombrante il passato, fatto di gioie e di incomprensioni, troppo incerto il presente in azzurro. Eppure Walter Gargano, dall’alto del suo metro e sessantotto, è tornato a giganteggiare a centrocampo, con la casacca di un tempo, tornata improvvisamente d’attualità. Che storia, proprio quando il capolinea sembrava vicino, ecco il colpo di scena: resta, e si gioca il posto. Lui accetta, come l’ultimo dei comprimari, perché in fondo sa di potersi guadagnare quella maglia, a suon di corse a perdifiato e di pallone recuperati. Ed eccolo qui, di nuovo utile alla causa, assai maturato, anche sotto il profilo tattico. E poi il carisma consueto, quella personalità che in determinate circostanze serve, eccome se serve. Non si tira indietro, corre per due, da il buon esempio, incita i compagni, li sprona a dare il massimo. Un leader, ed era proprio quello che mancava. I limiti tecnici non fanno notizia se un giocatore riesce a sopperire con altre doti, mettendosi a completa disposizione del gruppo. E l’uruguaiano si è messo di buzzo buono, ha saputo leggere il contesto e si è preso la sua rivincita nei confronti di chi, forse troppo in fretta, lo aveva messo alla porta, dandogli il benservito.

Da problema, da elemento da piazzare alla svelta per fare posto a chissà chi, a titolare inamovibile. Il calcio, nonostante tutto, riesce ancora a regalare belle storie, a premiare chi non ha mai lesinato l’impegno sul rettangolo verde. Il tecnico ha premiato sia l’uomo che il calciatore, gli ha concesso una chance, sfruttata appieno. E allora dentro, sempre o quasi. Lui gioca, non conosce il turn over, sono gli altri a girargli intorno. Un po’ con Inler, un po’ con David Lopez, con responsi sempre positivi. Non conosce fatica, non stringe mano alla stanchezza, non accusa gli sforzi. Vuole esserci, sempre e comunque, perché consapevole della grande impresa compiuta. Riprendersi questo Napoli non era affatto facile e adesso guai a chi gli tocca quella corona che sente proprio sua. A Reggio Emilia, con il Sassuolo, ha indossato i galloni di capitano, spodestando di fatto Hamsik, poco incline alla leadership: tutti in cerchio prima del match, per ascoltare le parole di Walter Gargano, chiamato a caricare a dovere un gruppo che non poteva più fallire. E i risultati, sul campo, sono stati evidenti. La gratificazione più importante è legata al successo ma, nel complesso, è piaciuto l’atteggiamento tenuto dai calciatori che non hanno mai mollato un centimetro, fino alla fine. La rinascita di una squadra piatta, sopraffatta da risultati non entusiasmanti, trova una delle sue cause principali proprio nell’uruguaiano, uno che di fronte alle responsabilità non abdica anzi, trova ulteriori stimoli. E’ lui l’anima del Napoli, il trascinatore che mancava. Che storia quella di Walter Gargano.

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