Tra trionfo e fallimento, l'eccesso in cui non bisogna cadere

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Tra trionfo e fallimento, l'eccesso in cui non bisogna cadere

di Leonardo Vivard - Twitter: @LeonardoVivard

A 270 minuti dal termine del campionato, e dunque della stagione 2016/17, qualche bilancio bisogna pur farlo. Già cominciano le prime diatribe sull’aggettivo da associare a quest’annata. Ottima, buona? 

Per capire che stagione è stata, come giustamente ha fatto notare Sarri settimana scorsa, bisogna compiere un passo indietro: vedere da quali aspettative si è partiti. E nonostante alcuni quotidiani abbiano annunciato un Napoli al quarto-quinto posto ad inizio campionato, si poteva intuire che questa fosse una previsione pessimistica. Figlia sicuramente anche della partenza di Gonzalo Higuain. 

Ma adesso non parliamo più di terzo posto e basta. Si è di fronte ad una squadra che lotta testa a testa per il secondo con la Roma e in pochi ci avrebbero scommesso. Coppa Italia e Champions non da meno: seminfinale contro la Juve una, e ottavi contro il Real Madrid l'altra. Male male? No. 

Ecco perché il giudizio deve nascere da dove siamo partiti: tanta ipocondria e avvilimento all’inizio, poi il colpo di grazia con il crac di Milik. E piano piano l’ascesa. Qualora il Napoli dovesse finire sul secondo gradino più alto del podio, non potremmo far altro che parlare di una stagione ottima, ben oltre le previsioni. 

Ma guai a parlare di fallimento in caso di terzo posto. (Così come guai a parlare di trionfo). Il calcio non è una scienza esatta: i soldi contano, ma non sono tutto. Altrimenti la stessa maestria di uno come Sarri perderebbe di valore. Il fatturato incide, poi ci sono le idee, il lavoro di programmazione, le abilità, il genio (il caso!). Una serie di fattori che in squadre come Milan ed Inter girano a largo da un bel po’, nonostante introiti e possibilità d’investimento ben più alte di quelle di De Laurentiis. Poi c’è chi ha un po’ tutto, vedi la Juve. 

D’altronde se a Sarri si chiede qualcosa in più è perché ci ha abituati forse troppo bene. Ma l’euforia per un secondo, o la rabbia per un terzo posto non devono offuscare la vista. Sicuramente più giustificata la prima che la seconda.

Chi legge provi a ricordare cosa pensava il 20 agosto e avrà un giudizio più oculato sulla faccenda. 

@riproduzioneriservata

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