Trent'anni fa giocò, segnò e vinse. Altri tempi, altro calcio, altre squadre d'accordo ma le sensazioni e il tipo di partita più o meno si somigliano. Peppe Volpecina, terzino di fascia sinistra con il Napoli scudettato di Maradona, oggi ha un legame particolare con la città di Torino, un legame calcistico e a Il Mattino dichiara: «Ci vado spesso perché lavoro, faccio l'osservatore. Segnalo i ragazzi più in gamba, ma al Torino non alla Juventus. Amici e familiari mi avrebbero tolto la pelle di dosso se avessi collaborato con i bianconeri, dalle mie parti esiste il Napoli e basta. Trasferta storicamente tabù per noi ma da quella volta niente fu più come prima, né per noi né per loro. Tant'è vero che due campionati dopo il Napoli fece cinque gol ai bianconeri».
«Esatto, provocò la nostra reazione, anzi la nostra rabbia. In effetti si è sempre detto che senza quella rete non ci sarebbe stata la risposta del Napoli. Che fu veemente, immediata perché sapevamo che in un modo o nell'altro quel match avrebbe segnato la storia del campionato. Non ci fu partita nel secondo tempo, segnammo tre volte ma oltre alle reti il ricordo più nitido che ho sono le parate di Tacconi: evitò almeno altri due gol. Eravamo a pochi secondi dalla fine, partì il nostro contropiede con Carnevale e Ferrara e su una deviazione fortuita mi arrivò la palla: avevo il guardalinee alle spalle, non vidi niente di anomalo, tirai con il sinistro a occhi chiusi e andò bene».
«Dico una frase fatta: rispetto sì, paura no. Come facemmo noi: loro erano molto forti ma in cuor nostro sapevamo di avere Maradona che poteva cambiare il risultato quando e come voleva. Oggi la Juventus ha un tasso tecnico indiscutibilmente superiore, il fuoriclasse del Napoli si chiama gioco. Che magari non è quello di un mese fa però resta di un'altra qualità rispetto a quello bianconero».