Cucci: "Il gol di Mertens è una poesia ma non paragonatelo all’irraggiungibile Maradona"

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Cucci e il suo pensieroCucci e il suo pensiero

Italo Cucci scrive nel suo editoriale per QS: "Il campionato è tornato a presentare la sfida fra Juve e Napoli, non noiosa, sempre nuova: è cominciata fra Conte e Mazzarri, proseguita fra Allegri e Sarri. È una sfida di alto livello non solo per il tifo che agita, gli interessi che muove, le memorie che rivanga: è una sfida culturale (sissignore: per chi sa il calcio è anche cultura) sul piano meramente tecnico/tattico, e i nomi degli allenatori dicono tanto, portando alla ribalta un tema di grande portata, continuità nella diversità; e lo è anche per l’introduzione sempre più netta e “fisica” di grandi protagonisti in uno scenario dolorosamente povero. Sì, qui si può spendere anche un miliardo al supermercato ma di fenomeni se ne vedono pochi. Eppure io m’accontento: so che qualcuno vorrà suggerirmi chissà quali altri nomi, ma io fermo a due: Paulo Dybala e Dries Mertens. E allora, fatemi un piacere: prendeteli e godeteveli così come sono, non cercate di paragonarli ad altri Grandi; so che lo si fa senza malanimo, ma paragonare Dybala a Sivori e Mertens a Maradona vuol dire fare un torto alla storia, alla cronaca e ai quattro protagonisti. Di Mertens voglio dire che oggi, forse insieme a Mandzukic, rappresenta l’unico modello da studiare per come Allegri e Sarri sono riusciti a omologarli a un loro disegno tattico. Sono sicuro che i due giocatori neppur pensavano di avere così abbondanti doti di adattabilità alle pretese dei loro allenatori, il primo in senso difensivo, il secondo in chiave offensiva. Dei due, tuttavia, Mertens è quello che più affascina per qualità spettacolari e come facitore di gol senza identità controllate ma spontanee e personalissime. Il suo ultimo gol è poesia, come altri prima, e non è gol di Maradona, anche Lodi segnava gol maradonici ma s’è fermato lì; tutti i gol di Dries esprimono un poema perché a ben guardare un mangiapatate belga è diventato Ciro, un poeta di Mergellina e così sarà per sempre, per amore di Napoli e in onore di Sarri. Ciro Mertens, non Maradona, perché il Pibe non è mai diventato napoletano, è arrivato qui ch’era già un semidio, è diventato un dio, un po’ Maranapoli, molto Maramondo (titolo mio). Lasciamoli essere quel che sono, questi ragazzi. Mi piace Chiesa, non vedo perché dovrebbe somigliare a suo padre; mi piace Verdi, saprei anche a chi paragonarlo perché vivaddio di calciatori ne ho conosciuti millanta e so quel che dico, ma mi taccio perché spero, anzi desidero che sia sempre più grande, sempre Verdi. Ho un mio album di figurine che comincia con Di Stefano e Pelè: avanti, c’è posto".

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