ESCLUSIVA - Tacchinardi: "La tuta di Sarri? Anch'io la metterei! Morfeo-Locatelli, che squadrone a 14 anni. Dalla meteora Tresoldi al gavettone a Bettega. Oggi l'allenatore è come un pupazzo..."

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ESCLUSIVA - Tacchinardi: La tuta di Sarri? Anch'io la metterei! Morfeo-Locatelli, che squadrone a 14 anni. Dalla <i>meteora</i> Tresoldi al gavettone a Bettega. Oggi l'allenatore è come un pupazzo...

"Non m'interessa la questione dell'immagine e tutto ciò che c'è attorno, non la vedo come una cosa di basso livello oppure scadente. A me piace Sarri in tuta, mi piace come allena e come si comporta".

Chiaro, diretto, senza molti peli sulla lingua. Alessio Tacchinardi è così, non si sottrae alle tante domande postegli da CalcioNapoli24. Tutti lo ricordano alla Juventus, ma il centrocampista in carriera ha anche vestito la maglia dell'Atalanta, del Villarreal e del Brescia. Nel suo palmares anche un Europeo Under 21, prima di affrontare la vita da allenatore (Pergolettese e allievi nazionali del Brescia) e quella da commentatore (attualmente a Mediaset Premium).

Partiamo dalle origini: come nasce l'Alessio Tacchinardi calciatore? Suppongo sia una questione di geni, visto che anche suo fratello Massimiliano è arrivato in Serie A...
"Nasce dalla passione della famiglia, che ha sempre mangiato pane e calcio. Guardavo mio fratello con ammirazione, perchè giocava nelle giovanili dell'Inter: mi venne la voglia di provare e cercare di coronare il sogno di giocare a calcio. C'era una passione forte della mia famiglia: giocavamo sempre a calcio, ce l'ha tramandata nostro padre".

Infatti già a 10 anni era all'Atalanta, da sempre un punto di riferimento dei settori giovanili italiani: impossibile non ricordare Mino Favini...è stato lui a scoprirla?
"A dir la verità no...perchè Favini a quel tempo non era ancora arrivato all'Atalanta, però in seguito mi ha cresciuto anche lui: d'altronde sono stato ben nove anni nel settore giovanile dell'Atalanta..."

Scusi, ma cosa rende Zingonia (il centro d'allenamento dell'Atalanta, ndr) l'ambiente ideale per un giovane?
"Sicuramente gli istruttori, quelli che non pensano al risultato bensì a migliorare il calciatore. Certo, il risultato conta ma non mancano la passione e l'umiltà: ai miei tempi non ti facevano volare troppo in alto, ti tenevano bello umile e 'schiacciato'. Sudore, lavoro, fatica, rispetto...sono questi gli ingredienti: non l'ottenere il risultato tanto per ottenerlo, ma cercando sempre di migliorare giocando. Non è mai un caso quando le cose vengono su bene, c'è sempre tanto lavoro dietro"

Lei nel frattempo cresce e nel 1989, a 14 anni, era compagno di squadra di Domenico Morfeo e Tomas Locatelli: vinceste un torneo in Sicilia (il Costa Gaia, ndr), se lo ricorda? Morfeo e Locatelli forse non sono riusciti ad esprimere tutto il loro talento, pur avendo avuto una carriera a buonissimi livelli...
"Certo che ricordo le prime vittorie, avevamo uno squadrone clamoroso! Vincevamo tanto, iniziavi ad assaporare il gusto di provare a fare qualcosa di buono: iniziavi a vedere delle qualità, e nella mia squadra c'erano questi due che sicuramente erano i più talentuosi ed i più forti in assoluto. Morfeo e Locatelli erano giocatori da prima fascia assoluta, era un piacere giocare con loro perchè in campo ti divertivi molto. Erano ragazzi di spessore...la loro è stata comunque una buona carriera, Morfeo è arrivato in squadre di prima fascia: per entrambi arrivare in Serie A è tanta roba! Non so se avrebbero potuto fare di più, anche perchè i loro erano dei ruoli delicati: Pirlo, ad esempio, per esplodere è dovuto scendere di trenta metri in campo. Forse Locatelli, giocando in quel ruolo lì...non è facile però, perchè oltre alla tecnica ci vuole fisicità e forza. Per le qualità che avevano...magari peccavano un po' a livello fisico, ma erano dei talenti straordinari".

Qual è il compagno di squadra che non è mai esploso, pur avendo il talento per farlo?
"Quando giocavo io, in tanti sono usciti e sono arrivati a buonissimi livelli...insomma, quelli che potevano 'arrivare' lo han fatto. Parlando in ottica di Primavera, sentendo già il profumo di prima squadra...forse Emanuele Tresoldi: di lui si parlava come se fosse il nuovo Maldini, era un terzino sinistro che arrivava da Ravenna. Ne parlavano come se fosse un giocatore di livello superiore, invece non è riuscito a diventare tale. Arrivò in prima squadra ancora giovane, ed aveva già belle referenze: se penso a quelli ancora più giovani...alla fine Morfeo e Locatelli sono arrivati eccome".

Che effetto fa, per un ragazzo che cresce tifando Juventus, essere acquistati a 19 anni dalla propria squadra del cuore? Non c'era il rischio di montarsi un po' la testa?
"Effettivamente no, il rischio non c'è stato almeno per me: vengo da una famiglia che ha fatto tanti di quei sacrifici per portarsi avanti per vivere...che non puoi montarti la testa. La devi prendere come un'opportunità da sfruttare: l'estate in cui dovevo andare alla Juventus non andai nemmeno in vacanza, andavo a correre tutti i giorni per prepararmi all'appuntamento. Dovevo essere di passaggio, per andare poi a farmi le ossa nelle cosiddette 'piccole' di Serie A, ma era talmente forte la voglia di diventare un calciatore dopo tutti i sacrifici fatti dalla mia famiglia...che il rischio di montarsi la testa non c'era proprio. Oggi sicuramente c'è molto più rischio per i ragazzi, questo è vero".

Ho letto che era uno tra quelli che facevano tanti scherzi: dai gavettoni d'acqua, anche ai giornalisti, allo spostamento di ogni cosa dalle camere di un compagno...
"(ride, ndr) E' vero, è vero..."

...ma li prendevano tutti bene? Quale ricorda meglio?
"All'inizio non ne facevo, restavo muto perchè era diverso l'arrivo in una grande squadra: i 'vecchi' ti tenevano abbastanza 'schiacciato'...dopo un paio di anni però sì, ero uno di quelli che faceva più 'casino' ma sempre nei limiti e nel rispetto di tutti. Non se la prendeva nessuno...anzi, ricordo bene un gavettone a Roberto Bettega quando vincemmo uno scudetto! Era vestito tutto elegante, presi dell'acqua ghiacciata e gliela buttai in testa: mi voleva mandare via dalla Juve (ride, ndr) però fu divertente"

Nel 2005 ha lasciato la Juventus per il Villarreal, la scelta dell'estero fu voluta? Dieci anni fa era difficile vedere un italiano lasciare la Serie A per l'Europa...
"La scelta fu dettata dalla curiosità e dalla voglia di provare un'esperienza diversa: ci fu questa possibilità, che peraltro avrei voluto fare anche in Inghilterra...però sicuramente era qualcosa che volevo fare. In Italia non volevo giocare contro la Juventus, almeno per i primi anni, perciò decisi per una nuova esperienza di vita all'estero: devo dire che è stata bella".

Che differenza c'è tra l'Italia ed un paese estero, parlando dell'ambiente attorno al calcio? Qui sembra che si faccia polemica per qualsiasi cosa...
"E' qualcosa di totalmente diverso: non solo il calcio, a partire dalla preparazione oppure dai metodi di lavoro. All'inizio forse paghi un po', ma succede anche a quelli che arrivano in Italia in un campionato dove l'aspetto tattico viene curato molto: là si lavora molto meno sulla tattica, è uno sport totalmente diverso. Da una parte è stimolante, dall'altra è comunque difficile".

Non ha segnato tantissimo, visto anche il ruolo che ricopriva: non è strano che un terzo dei suoi gol in carriera li abbia segnati proprio nell'ultimo anno a Brescia?
"(ride, ndr) No, non è strano. Non è una casualità, soprattutto dopo aver fatto un'esperienza in Spagna: lì è cambiato un po' il mio modo di vedere il calcio, qui era molto tattico e dovevi sempre restare attento alla posizione in campo...là potevi anche sbizzarrirti ed andare all'attacco. Quando sono tornato in Italia avevo un'altra idea di calcio nella mia testa, rispetto a quella con la quale sono partito. I tanti gol a Brescia lo evidenziano, avevo la voglia di provare ad attaccare di più la porta: magari in Italia i giocatori pensano a tenere di più la posizione...".

Dopo la carriera è stato sia allenatore che opinionista televisivo, ruolo che attualmente ricopre: ma qual è quello più divertente?
"Ci sono dei pro e dei contro, come in tutte le cose: dovessi scegliere oggi, farei l'allenatore. Però così come ci sono tanti pro nell'allenare una squadra...ci sono anche i contro: in Italia, in questo momento, l'allenatore è quasi come se fosse un pupazzo. Dopo tre partite ti cambiano, per il giocatore la figura del mister non è più la stessa: l'allenatore non viene tenuto due-tre anni di fila, ed il giocatore lo sa che se le cose vanno male il primo che paga è il mister. E' come se fosse un'ancora di salvataggio, no? Si scarica tutto sull'allenatore. A me piace allenare, stavo cercando qualcosa di interessante: nel frattempo però aspetto e faccio il commentatore. Purtroppo negli ultimi anni il ruolo dell'allenatore è degradato molto, non dico che sia diventato un oggetto ma quasi: alle prime difficoltà paga lui. Fare il commentatore è altrettanto bello, anche se il campo ovviamente manca...così come le pressioni che ne possono scaturire"

Sulla questione dell'allenatore, spesso si vocifera che nelle categorie minori si giochi e si alleni anche grazie al denaro e agli sponsor: il ruolo viene svilito ancora di più...
"Lo sbaglio è quello: purtroppo il ruolo ha perso fascino, adesso si cambiano da un momento all'altro. Però la situazione è questa, bisogna prenderla e portarla a casa: non si può far niente, ad oggi è così".

E' d'accordo con l'Equipe, che ha definito il Napoli la squadra più sexy d'Europa?
"Il Napoli mi piace moltissimo, ha un allenatore fantastico ed uno staff che conosco bene: con il secondo allenatore di Sarri (Francesco Calzona, ndr) ho fatto il Master, ci mettono davvero tutto nel loro lavoro. Meritano tutti gli elogi, penso sia una squadra interessante: ce ne sono quattro-cinque in Europa che giocano un bel calcio ed il Napoli è tra queste. La cosa più bella è rappresentata dall'allenatore che arriva dal niente e riesce a fare così bene: è una squadra molto interessante ed affascinante, ci sono altre squadre di questo tipo in Europa ma il Napoli è una delle più belle realtà che esprime il calcio".

Ma lei, con Sarri, come si sarebbe trovato?
"Ho avuto Sacchi, Capello, Lippi e tanti altri allenatori...non vedendo Sarri al lavoro sul campo, non posso giudicare. Però guardo quello che fanno i calciatori in mezzo al campo: sputano l'anima, sempre. E se lo fanno sempre, vuol dire che stanno bene sia di gambe sia di testa in ogni giorno in cui lavorano. Posso dedurre che si trovano super-bene, altrimenti non andrebbero così. Sarri lo assimilo un po' a Sacchi oppure Capello, anche se fuori sembra burbero e schivo...magari dentro è anche simpatico".

Ho letto che le piace la moda, e che ha seguito delle sfilate...
"La moda la seguivo quand'ero ragazzo, adesso onestamente preferisco guardare una partita di Serie D..."

Beh, però in un 2016 dove l'immagine è praticamente tutto...l'aspetto anti-conformista della tuta di Sarri paradossalmente non è elegante a modo suo?
"Non trovo aspetti negativi in Sarri, anzi sulla tuta dico....che andrei anche io così in panchina. Non m'interessa la questione dell'immagine e ciò che c'è attorno, non la vedo come una cosa di basso livello oppure scadente. A me piace Sarri in tuta, mi piace come allena e come si comporta: mi piace, anche quando ha detto che in alcune situazioni non vorrebbe prendere la parola al posto della società...giustamente lui deve allenare, altrimenti passa l'idea di una sfumatura che non dovrebbe avere: non merita di passare per uno che si lamenta, lui deve lavorare e lo sa fare talmente bene..."

Ultime due curiosità riguardanti il passato: ma è vero che nel 1999, nello spogliatoio della Juventus, Marcello Lippi e Didier Deschamps si affrontarono a muso duro?
"Onestamente non ricordo proprio loro due, ma ne ricordo tanti di musi duri tra allenatori e giocatori...non è una cosa scandalosa: Lippi è uno di grande personalità, quindi ci poteva stare. Quando hai giocatori di grande personalità ed un allenatore con carisma, è normale che ci possano essere degli scontri. Non è un problema..."

E sull'episodio che racconta di una cena in pizzeria dove si festeggiò la partenza di Lippi?
"Macchè, cazzate...come sempre, quando si scrivono delle robe...Lippi lo amavamo, ci ha portato a vincere tanto anche quando è tornato. Assolutamente no".

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