ESCLUSIVA - Coco: "Ricordo Reina al Barcellona, era già un leader. Che botte tra Di Canio e Capello! Adriano, quando Branca gli comunicò della morte del padre. Su Moreno e Ibra..." [VIDEO]

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ESCLUSIVA - Coco: Ricordo Reina al Barcellona, era già un leader. Che botte tra Di Canio e Capello! Adriano, quando Branca gli comunicò della morte del padre. Su Moreno e Ibra... [VIDEO]

Cresciuto calcisticamente nel Milan. Fu Capello il suo primo allenatore in rossonero, i suoi compagni si chiamavano Van Basten, Weah e poi Shevchenko. Francesco

Hotel Rama di Casalnuovo, c'è Francesco Coco. E come mai? E' lui che, insieme a Sasà Varriale e Fulvio Catellani, ha lanciato il progetto 'Academy School Francesco Coco', una nuova scuola calcio che farà sicuramente strada nel panorama del calcio giovanile. Cresciuto calcisticamente nel Milan. Fu Capello il suo primo allenatore in rossonero, i suoi compagni si chiamavano Van Basten, Weah e poi Shevchenko. Francesco Coco è l'ospite della settimana di CalcioNapoli24.it che l'ha raggiunto in esclusiva per ripercorrere le tappe più importanti della sua carriera. Il passaggio al Barcellona, il rientro in Italia con l'Inter e la folle serata in Corea con la maglia della nazionale e l'arbitro Byron Moreno. Clicca sul file in allegato per vedere l'intervista video di CalcioNapoli24.it:

"Se diventi calciatore mi taglio i cog..oni". Lo disse Fabio Capello che poi subito rimangiò queste parole quando ti vide in campo. "Momento particolare per me, fu una sensazione forte sentir dire certe cose dal tuo allenatore poco prima di diventare un calciatore professionista. Un allenatore come Capello era un'icona già all'epoca, le sue parole mi diedero la forza di crederci. Fu lui a farmi esordire e a farmi diventare calciatore. Era un rapporto tra padre e figlio, mi ha cresciuto e sapeva perfettamente come prendermi".

Weah, Van Basten e Shevchenko. Hai giocato con tutti e tre, il migliore secondo te? "Sono tre campioni incredibili, ognuno ha la peproprie caratteristiche. Van Basten aveva la completezza che gli altri non avevano. Marco, per eleganza e modo di giocare, è stato uno degli undici componenti della squadra più forte degli anni '90. Lo scrisse France Football. Van Basten aveva qualcosa in più, ma anche Weah era un ribelle. Un africano, selvaggio, entrava in campo e non sapevi cosa riusciva a fare, ma alla fine riusciva a far tutto. Sheva ce lo ricordiamo meglio perchè il più recente. Per me è stato un coronamento di un sogno allenarmi e giocare con loro. Ho fatto il calciatore ai massimi livelli e questo è un valore aggiunto".

Da Capello a Sacchi. Si dice che l'ex Milan somigli molto a Maurizio Sarri, o viceversa. "Ci sono delle similitudini tra i due, secondo me non è possibile paragonare due allenatori che hanno allenato a distanza di tanto tempo. Sacchi ha cambiato il calcio di quell'epoca, anche Sarri è stato uno innovativo che sta contribuendo ad evolvere il calcio. Sarri, in Italia e non solo, come dice anche Guardiola, è il migliore degli ultimi dieci anni. Entrambi volevano esprimere un calcio innovativo".

Paolo Di Canio. Un episodio che ricordi maggiormente. "(Ride ndr.) Paolo è un personaggio particolare, di episodi da raccontare ce ne sarebbero tanti. Però me ne ricordo uno carino, era il '96, dopo la vittoria dell'ultimo scudetto con Capello. All'epoca si usava fare le tournèe a fine campionato e non all'inizio come capita oggi. Andammo in Asia e ci fu un tafferuglio abbastanza serio tra Paolo Di Canio e Fabio Capello. Ricordo che il mister lo rispedì a casa. Personaggio di grandissima personalità e correttezza. Ricordiamo tutti l'episodio in Premier League quando anzichè far goal, col portiere avversario a terra, prese il pallone con le mani e fermò il gioco. Bel tipo, aveva i suoi difetti, ma anche i suoi tanti pregi".

Non solo al Milan, sei stato anche al Barcellona e in quella squadra c'era anche un giovanissimo Pepe Reina. Che ricordi hai di quel tuo ex compagno di squadra? "Era agli inizi della carriera, aveva diciotto anni e faceva il secondo. Aveva una personalità incredibile ed una forzxa fisica spaventosa. Già teneva in piedi lo spogliatoio pur non essendo il titolare. Avevo un buon rapporto con lui, mi piacerebbe rivederlo anche perchè da quando è in Italia non sono ancora riuscito a salutarlo. Mi chiamò quando arrivò a Napoli e gli dissi che se avesse avuto bisogno di qualsiasi cosa poteva chiamarmi. Solo che quando arrivi a Napoli hai così tanta gente che ti aiuta che non gli servì più il mio sostegno". 

Dal Milan all'Inter coinvolto in uno scambio con Seedorf. Cosa significa passare da una sponda all'altra di una città? Tra l'altro avesti l'occasione di incontrare calciatori come Batistuta, Vieri, Recoba e mister Cuper. "Il primo anno fu molto bello, anche se passare dal Milan all'Inter non era mai facile. Passare sull'altro marciapiedi non sarebbe stato facile per nessuno. Lì incontrai tanti amici come Vieri e tanti altri compagni con cui giocavo anche in nazionale. L'approccio fu positivo sin da subito. L'Inter fece un mercato importante quell'anno prendendo me, Crespo, Fabio Cannavaro, ma purtroppo riuscimmo a perdere la finale di Champions proprio contro il Milan e poi arrivammo secondi a pochissimi punti dalla Juventus. Da che doveva essere una stagione brillante per l'Inter, alla fine non riuscimmo a fare il salto di qualità che volevamo fare".

Sei d'accordo con Paolo Cannavaro quando dice che tra tutti i compagni di squadra, quello da cui si sarebbe aspettato molto di più è Adriano? Anche tu hai avuto la fortuna di giocarci insieme. "Adriano non era un discolo, arrivò giovanissimo all'Inter e noi, più grandi, cercavamo di aiutarlo e stargli vicino. Purtroppo gli capitò un aneddoto bruttissimo. Giocammo il Trofeo Birra Moretti a Bari, quando rientrammo in pullman Marco Branca gli diede la notizia più brutta che un figlio possa ricevere, vale a dire la morte del padre. Lui partì subito per il Brasile e da lì non si è mai ripreso al 100% emotivamente. E' andato perdendosi per un motivo reale, poi ognuno percepisce il dolore e cerca di reagire in maniera diversa. Lui ha avuto difficoltà emotive, quel momento fu cruciale per lui".

Zlatan Ibrahimovic. "Un po' come Di Canio. Personaggio articolato, non sapevo mai come prenderlo. Ragazzo di grandissima personalità e grandissimo calciatore, ma era difficile avere una relazione amichevole con lui. Aveva una personalità che quasi opprimeva". 

Francesco Coco lascia il calcio a soli trent'anni. I motivi? "Mah, fisici. Mi operai alla schiena e l'operazione andò male e quindi dovetti lasciare l'attività a soli trent'anni".

Eri presente anche in quel Sud Corea-Italia ai Mondiali del 2002, con l'arbitro Byron Moreno. Che serata fu quella per voi? "Serata da incubo, la serata più brutta della vita per me. In quel momento gli unici due che parlavano spagnolo eravamo io e Panucci, ed eravamo gli unici che parlavano con l'arbitro che non dava mai spiegazioni sulle decisioni folli che prendeva".

Il tuo rimpianto più grande. "Non avrei dovuto chieder di lasciare il Milan per il Barcellona. Sarei dovuto restare in rossonero".

La squadra dove avresti voluto giocare e non ci sei mai andato. "Diciamo il Napoli (scherza ndr.). No, non ci sono squadre più forti di quel Milan".

Il tuo migliore amico nel mondo del calcio. "Kluivert".

L'esterno destro d'attacco più forte che abbia mai fronteggiato? "Moriero riusciva sempre a mettermi in difficoltà. Aveva delle caratteristiche che facevo fatica ad assorbire".

La gioia più grande della tua carriera. "La prima partita tra i professionisti perchè vuol dire che il sogno si è avverato".

Chi vince lo scudetto quest'anno? "Difficile non dire la Juve anche se il Napoli sta facendo cose straordinarie. La Juve, in questo momento, è ancora la squadra più forte della Serie A. Vincere il campionato per il Napoli sarà molto, ma molto difficile. Può succedere di tutto, il Napoli sta dimostrando di poter fare cose straordinarie. E' un bel torneo, la Juve ancora non è riuscita a sorpassarlo e spero che non lo faccia. E' sempre bello sperare che non sempre vince il più forte".

di Fabio Cannavo (Twitter: @CannavoFabio)

Montaggio: Giuseppe Cautiero

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