ESCLUSIVA - Bellucci: "Non ricordo nemmeno la voce di Prunier. La storia del rasoio con Edmundo, Carmando mi difendeva. Chiusi male col Bologna. Cassano e Mazzone..."

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ESCLUSIVA - Bellucci: Non ricordo nemmeno la voce di Prunier. La storia del rasoio con Edmundo, Carmando mi difendeva. Chiusi <i>male</i> col Bologna. Cassano e Mazzone...

di Fabio Cannavo (Twitter: @CannavoFabio)

Ricordi su ricordi. Napoli e Bologna, per lui, sono due tappe fondamentali della sua carriera da calciatore. In azzurro l’esplosione vera e propria, da ragazzino. In rossoblu si consacra da capitano e da leader del gruppo. Non a caso l’esperienza di Claudio Bellucci, tecnico dell’Arezzo e doppio ex di Bologna e Napoli, in Emilia Romagna, non è finita nel migliore dei modi. L’ex numero 10 del Napoli ai tempi di Mazzone, di Ulivieri e Novellino, si è raccontato, in esclusiva, ai nostri microfoni:

Un romano doc che non ha mai indossato la maglia della Roma. Manca quest’esperienza al tuo curriculum? “Sì, mi manca. Non ho mai giocato con la Roma e non sarebbe stato male visto che sono un romano vero. Non mi lamento di ciò che ho fatto”.

La Sampdoria, la squadra che ti ha cresciuto. A chi senti di dover ringraziare per aver fatto grandi cose nel calcio che conta? “Da ragazzino giocavo con la Lodigiani. Arrivò un giorno il Dott. Borea, il direttore sportivo della Sampdoria dello scudetto, e mi comprò. Andai con la Samp, lì iniziò la mia storia”.

Quella doppietta all'Arsenal, da diciottenne, in Coppa delle Coppe? “Ricordo che c’era lo stadio pienissimo. Eriksson mi portò in panchina, dovevamo vincere per forza perché a Londra perdemmo 3 a 2. Pareggiavamo 1 a 1 con reti di Wright e Mancini. Entrai a cinque minuti dalla fine, fui la mossa della disperazione e segnai due goal in cinque minuti. Quello è il vero punto di partenza della mia carriera”.

Hai conosciuto il primo Mihajlovic alla Samp. Come si presentò il serbo? Che calciatore era quando arrivò dalla Roma? “Sinisa è sempre stato un po’ sanguigno. Vista la provenienza, sappiamo che popolo è quello serbo. In quegli anni c’era la guerra in Yugoslavia, aveva un carattere molto forte il ragazzo. Insieme a lui ho vissuto anni stupendi, era una persona con cui si poteva parlare. Dava sempre molti consigli. Quella Sampdoria era fortissima, lui era uno dei leader”.

Con te alla Samp c'era un certo Ruud Gullit. Cosa ti attraeva di lui? “Ricordo quando ero ragazzino, avevo diciassette anni e andai in ritiro con la prima squadra. Pensai ‘vado in ritiro con uno che ha vinto il Pallone d’Oro’. Lo conoscevo in figurina, poi ritrovarsi sul campo insieme è stata una grande soddisfazione”.

Poi venti goal in B al Venezia di Maurizio Zamparini. Il ricordo più nitido che hai del presidente. “Carattere molto forte. Cambiò quattro allenatori già quell’anno (ride ndr). Aveva già iniziato a cambiare troppo. Dopo un grande infortunio alla Samp volevo andare a giocare in B, capitò il Venezia e andai. Fu una scelta felice, feci tipo ventuno goal”.

Chi fu a volerti a Napoli? “Io volevo il Napoli, lo sapevano tutti. Giocare in quella squadra per me era un sogno, la stessa squadra di Maradona. Anche se io ero un tifoso di Careca, ricordo le mille litigate coi miei compagni di classe su chi era più forte tra Careca e Van Basten. Io ero tra i pochi che premiava il brasiliano. Il mio sogno era indossare la 9 azzurra, poi ho indossato 9, 10 e 11, i numeri sacri del Napoli. La parentesi di Napoli è stata una delle più grandi soddisfazioni della mia carriera”.

Nella tua prima stagione a Napoli cambiarono ben quattro allenatori. Tra tutti con chi ti trovasti meglio? “Carlo Mazzone. L’ho avuto anche a Bologna, per due anni. Dico Mazzone perché è una grandissima persona, un uomo eccezionale. E’ un grande allenatore, se gli dici che 'è stato' si arrabbia (scherza ndr). Si aggiornava sempre, altrimenti non avrebbe allenato trentacinque anni in Serie A. Ora che faccio lo stesso lavoro mi rendo conto quanto sia stato difficile per lui”.

Si parla di Calderon e Prunier come i bidoni più grandi della storia del calcio Napoli. Ma erano davvero così impacciati? “(Ride a crepapelle ndr). Forse non ho mai sentito parlare Prunier, non ricordo nemmeno la sua voce. Non sapeva una parola d’italiano. Erano un po’ spaesati. Ayala aiutava un po’ Calderon, ma fu un azzardo passare dal campionato argentino al Napoli. Per un argentino al Napoli poteva essere semplice, ma dipende sempre dal carattere. Quando vanno male le cose a Napoli si parla di calcio ventiquattro ore su ventiquattro”.

In quel Napoli c'era anche Massimiliano Allegri. Che effetto ti fa vederlo allenare la Juventus? “A livello di personalità e di come diceva le cose e le impostava con allenatore e dirigenti, aveva già la personalità da tecnico. Era uno sfrontato, non se ne importava delle conseguenze. E questo gli è rimasto. E’ partito dalla C2, ha fatto tutte le categorie e poi è arrivato a vincere quattro scudetti. Ha giocato due finali di Champions, mica poco”.

La promozione in A con Walter Novellino in panchina. Che ricordi hai di quella stagione? “Novellino, un allenatore che il Napoli prese per vincere il campionato. La squadra, però, era davvero forte. Io ebbi un brutto infortunio e rimasi fermo cinque mesi. Quando eravamo al completo vincevamo sempre. Ricordo Napoli-Brescia in casa, vincemmo tre a zero. Fu clamoroso, fu la partita che ci portò in Serie A. A parte il ricordo che ho, dopo un goal alla Juve nel primo anno di Napoli, quella partita col Brescia mi resterà sempre impressa. C’era un San Paolo stracolmo. Segnammo io, Schwoch e Stellone. Quel campionato eravamo tanto più forti degli altri”.

Edmundo. Che personaggio era. Almeno un episodio devi raccontarcelo. “O’ Animal. Ricordo un aneddoto per farti capire che personaggio era. Negli spogliatoi era bravissimo, poi se gli si chiudeva la vena partiva e usciva fuori un po’ di favelas. Ricordo che mi chiese di accorciargli i capelli, io presi il rasoio, ma sbagliai la misura e gli feci i capelli completamente a zero. Te lo ricordi?”

Sì, nel periodo finale di stagione. “Esatto, sembrava un malato perché era scuro di carnagione. Mi aveva promesso che mi avrebbe ricambiato lo scherzo e mi avrebbe tagliato i capelli a zero. Io, però, a giugno mi dovevo sposare. Andavo al campo d’allenamento col cappello in testa, mi nascondevo per non farmi vedere. Questa cosa faceva ridere a tutti. Carmando mi diceva: “Bellù, occhio a Edmundo che ti fa sposà rasato”. Anche Starace ricordo, lo vedo ancora in tv”

Colui che senti di definire amico nella tua parentesi col Napoli. “Sono rimasto in contatto con Roberto Goretti che adesso fa il direttore a Perugia. Anche con Stellone sono in contatto. Io e Goretti arrivammo a Napoli ed eravamo due ragazzini. Eravamo compagni di nazionale in Under 21, ci aiutavamo molto, mangiavamo spesso insieme. Poi Stellone lo conoscevo da anni, dai tempi della Lodigiani”.

Altri compagni in azzurro che…”No, aspetta. Ci tengo a fare un saluto speciale a Pino Taglialatela. Quando arrivai a Napoli fu lui ad aiutarmi tanto, fu un grande e spero che le cose si siano messe a posto perché è un bravissimo ragazzo”.

Sei arrivato a segnare tante reti anche con la maglia dei felsinei. Che rapporto avevi con la città di Bologna? “Avevo un rapporto bellissimo, sono cresciuti i miei figli a Bologna, però devo dirti che, forse per incomprensioni, coi tifsi non mi sono lasciato benissimo. Il tempo appiana tutte le cose”.

Come mai, Claudio? “La colpa sta sempre a metà, alla fine dell’ultimo anno tornai alla Sampdoria e loro ci rimasero male. Io volevo restare a Bologna, ma in una squadra forte e forse non c’erano le condizioni. Adesso ne parlo serenamente, ma ho vissuto momenti in cui mi addossai le colpe e non dissi nulla. Bologna è una città bellissima, diedi tutto ciò che avevo”.

Poi il ritorno alla Samp dove trovasti in panchina Walter Mazzarri. La sua caratteristica migliore e la peggiore. “Lo conoscevo già perché era il secondo di Ulivieri quando giocavo a Napoli. Aveva smesso da pochi anni di giocare, avevo molta confidenza con lui e quest’amicizia s’è rafforzata. Quando l’ho ritrovato alla Samp ho trovato una persona più pacata, più allenatore. Mi trovai benissimo con lui, un uomo di personalità. Non è simpatico a tutti, ma è un’ottima persona. Fu una stagione bellissima, mi mancava solo la Samp con cui andare in doppia cifra. Spero che Mazzarri rientri prima possibile ad allenare”

E Antonio Cassano? Una cassanata? “E se le racconto facciamo notte (scherza ndr.). Quando le partite si facevano toste era uno che entrava negli spogliatoi, nell’intervallo, e diceva: “Tranquilli ragazzi, date la palla a me che la risolviamo”. Era già così, però era vero e l’ho visto coi miei occhi. Segnai tredici goal su tanti assist suoi”.

Certo che il tuo Arezzo, con Moscardelli e Cutolo in attacco, può pensare alla Serie B. “Abbiamo avuto una falsa partenza e poi domenica abbiamo vinto in trasferta. Nella prima di campionato abbiamo creato tantissime palle goal ed abbiamo perso. Stiamo cercando più equilibrio. Cutolo lo conobbi nella Primavera del Napoli, anche Moscardelli ci può dare tanto. Alla B ci pensiamo più avanti”.

La 10 ad Insigne? Che dice uno che a Napoli l’ha indossata? “E’ giusto darla ad Insigne, è un napoletano e rappresenta la città. E’ difficile trovare un altro napoletano forte come lui. Spero che faccia come Totti a Roma, deve smettere di giocare a Napoli a quarant’anni. Ha passato delle sofferenze giocando a Napoli, ora è molto più attaccato alla maglia. Mi piace quando esulta dopo una rete di un compagno, questo gli fa onore. Mi ricorda De Rossi in questo…”

Come finirà Bologna-Napoli? Andiamo a scommettere...”Sarà una bella partita, ma se giocheranno a viso aperto vinceranno gli azzurri 3 a 2”.

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