ESCLUSIVA - Baldini: "A Napoli giocavo con una pubalgia cronica, ecco perchè andai via. Aggredito dai tifosi azzurri e schiaffeggiato dai genoani! Quella rissa tra Edmundo e Mondini..."

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ESCLUSIVA - Baldini: A Napoli giocavo con una pubalgia cronica, ecco perchè andai via. Aggredito dai tifosi azzurri e schiaffeggiato dai genoani! Quella rissa tra Edmundo e Mondini...

di Fabio Cannavo (Twitter: @Cannavofabio)

Per noi resta Ciccio, il capitano. Sette lunghi in azzurro, arrivò a Napoli nel 1995 dopo un'annata vissuta da protagonista con la Lucchese e ben tre presenze in Serie A con la Juventus. Fu Lippi a lanciarlo nel calcio che conta, ma l'aiuto di Franco Scoglio gli servì per diventare un calciatore vero e proprio, dentro e fuori dal campo. Dall'amicizia con Tarantino e Pecchia all'aggressione ricevuta a Napoli da pseudo tifosi. Francesco Baldini, doppio ex di Napoli e Genoa, ha parlato in esclusiva ai nostri microfoni:

Certo che iniziare la carriera da calciatori professionisti con un certo Marcello Lippi in panchina non è da tutti. "E' vero, mi fece debuttare lui e in fondo avevo solo diciassette anni. In quella stagione giocavo con gli Allievi Nazionali della Lucchese, ma a dicembre mi chiamò e mi portò in prima squadra. Feci il titolare anche in un derby col Pisa che vincemmo 2 a 1 in trasferta. Stupendo".

Quell'anno in squadra c'erano Di Francesco e Rastelli, tra i migliori allenatori del palcoscenico italiano. Che ragazzi erano? "Li sento ancora, ho un ottimo rapporto con entrambi. Ultimamente ho anche seguito qualche allenamento di Eusebio, tra i migliori in Italia. Ricordo che a Lucca Eusebio era un esempio per me. Era uno stimolo soprattutto quando facevamo le ripetute, mi dava sempre metri di distanza".

Poi per tre miliardi di lire passasti alla Juventus. Chi fu a portarti in bianconero? "Il merito più grande fu di Franco Scoglio. Iniziammo la stagione a Lucca con Orrico in panchina, ma il mister non voleva giovani in squadra. A dicembre fu esonerato e chiamarono Scoglio. Da lì diventai titolare inamovibile grazie a Scoglio e fu proprio lui a parlare con Boniperti per farmi andare a Torino".

Julio Cesar, Kohler, Moller, Baggio, Del Piero e Vialli. Tu eri un ragazzino. In quell'anno chi fu a colpirti di più e per quale motivo? "Ho vissuto un anno intero nello stesso appartemento con Alessandro Del Piero. Era molto giovane, ma ricordo si vedeva che aveva qualcosa in più rispetto ai pari età. Quando ci mandavano a giocare in Primavera partivamo sempre con un goal di vantaggio se c'era Alex".

Arrivasti a Napoli nel 1995. La finale di Coppa Italia persa col Vicenza anni dopo. Cosa accadde nella gara di ritorno? "Senza vantarmi, ma feci due partite eccellenti, sia all'andata che al ritorno. C'era Luigi Simoni in panchina e le cose andavano bene, ma nel finale di stagione Ferlaino venne a sapere che Simoni firmò per l'Inter e lo sostituì con Montefusco. Questo cambio in panchina creò qualche malumore all'interno dello spogliatoio, eravamo molto legati a Simoni. Ho conservato un articolo di giornale di quell'anno in cui scrivevano 'Napoli da Champions League'".

Prunier e Calderon, a Napoli li ricordiamo come 'bidoni' dell'era Ferlaino. Era così? "In realtà non ebbero nemmeno il modo di dimostrare il loro valore. Arrivarono in un anno particolare, venivano da campionati stranieri e non riuscirono ad ambientarsi. Diciamo che in Italia c'erano, forse, calciatori migliori di loro".

L'episodio che ricordi di Carlo Mazzone sulla panchina del Napoli. "Nella gara d'andata di Coppa Italia contro la Lazio mi lasciò in panchina. Nel ritorno mi schierò dall'inizio e a fine partita venne da me dicendomi che sbagliò a non farmi giocare anche nella gara d'andata. Dopo pochi giorni diede le dimissioni..."

Mazzarri vice di Ulivieri a Napoli. Che allenatore era? "Gli davo sempre uno strappo a casa, lui è di Livorno ed io di Massa. Quando dovevo tornare a casa facevamo spesso il viaggio insieme. Non c'era quel rapporto tra calciatore ed allenatore, era ancora molto giovane, era il vice di Ulivieri. Per noi era un compagno di squadra".

Il passaggio della fascia di capitano da Taglialatela a Baldini. Come andò? "Prima di un'amichevole contro la Spal, Pino venne da me e me la consegnò comunicando il passaggio a tutti i componenti della rosa. Poi il vero passaggio di fascia avvenne tra Turrini e me stesso. C'era Novellino in panchina, io fui infortunato da tanto tempo, ma quando rientrai fu Turrini a venire vicino a me per consegnarmi la fascia".

Il tuo più grande amico nella lunga esperienza napoletana. "Massimo Tarantino, è uno dei veri e pochi amici che ho avuto nel mondo del calcio. Anzi, anche Fabio Pecchia".

Sentito Fabio durante questa sua avventura in Premier League? "No, l'ho sentito poco prima che andasse via da Madrid".

Il compagno di squadra che proprio non sopportavi, oggi forse si può dire. "Certo, Francesco Moriero".

E come mai? "Mi ha fatto arrabbiare diverse volte, io ero il capitano e ci furono diversi battibecchi tra di noi. Lo ammetto, quel gruppo non era il massimo. Lui si sentiva un leader, ma non lo fu affatto. Tra l'altro l'anno dopo lasciai Napoli e De Canio consegnò la fascia di capitano a chi? Proprio a Moriero. Un vero e proprio controsenso".

Da quale compagno di squadra ti saresti aspettato di più in carriera? "Sicuramente Andrè Cruz, era davvero forte"

E chi è che invece ti ha stupito? "Fabio Pecchia, era un ragazzo che viveva a Soccavo. Studiava e si allenava. Per le qualità che aveva ha fatto una straordinaria carriera".

Napoli-Bologna 1-5. Ferdinando Coppola rinvia il pallone sulle tue spalle e la palla finisce in porta. Che annata sfortunata con Zeman in panchina. "Sì, tra l'altro quella è stata la mia unica autorete in carriera (sorride ndr.)".

Edmundo a Napoli. Dicci tutto. "Tra lui e Moriero ne combinavano di tutti i colori. Diciamo che Edmundo era abbastanza particolare e 'pericoloso', ma ci andavo d'accordo. Almeno è un uomo vero. Mi ricordo quando finì a botte tra lui e Luca Mondini durante un allenamento, sembravano due bambini. Il tutto per un goal in partitella durante una seduta d'allenamento. 'O Animal' gli rifilò un calcio allo stomaco e Mondini aveva un carattere forte. C'era Mondonico allenatore e quel giorno finì proprio male (clicca qui per leggere un articolo dettagliato dell'epoca sulla vicenda)

Perchè lasciasti Napoli per andare alla Reggina? "Avevo dei grossi problemi con la tifoseria azzurra, poi avevo una pubalgia, ma gli allenatori continuavano a spremermi ed io non giocavo bene. Non ho mai detto ai giornalisti che avevo una pubalgia. Lasciai Napoli per andarmi a curare a Roma e saltai il ritiro estivo. Questa cosa fu vista non di buon occhio dall'ambiente partenopeo e fui costretto ad andar via. Poi il destino volle che l'anno successivo, con la Reggina, ci giocammo la promozione in A proprio al San Paolo".

Ci racconti dell'aggressione ricevuta da quei pseudo tifosi a Napoli? "Ero alla Reggina, giocammo in casa contro il Napoli. Pareggiammo e andai a salutare i tifosi granata a fine gara come era giusto che fosse. L'anno dopo tornai a Napoli per contratto, ma fui avvisato da diversi tifosi che quel mio gesto non piacque alla tifoseria azzurra. Io andavo per la mia strada e dopo un Napoli-Palermo mi aggredirono diversi personaggi. Ero in macchina, ma poteva succedere a chiunque di noi. La domenica successiva tornai in campo senza alcun problema". 

Anche durante la tua esperienza al Genoa fosti criticato tanto dalla tifoseria. Come mai? "Sono sempre stato una persona che non s'è mai tirata indietro, altrimenti avrei avuto meno problemi coi tifosi. Ero in B con la maglia del Grifone, destinati ad andare in Serie A, ma ci trovammo in Serie C per la storia della famosa 'valigetta' del presidente Preziosi. Non avevo mai giocato in C, ma continuai la mia avventura a Genova. Tornammo subito in B, ma prima della finale dei play off ci fu un episodio che portò Giovanni Tedesco a lasciare la squadra. Raccolsi l'eredità di Tedesco, feci io il capitano e in un momento particolare della stagione si presentò sul campo d'allenamento un gruppo di tifosi e presi uno schiaffo".

Il rimpianto della tua carriera. "Il Torino. C'è stata anche la possibilità di andarci dopo la prima stagione a Genova. Chiamai Fedele, il mio agente, per dirgli che avrei voluto indossare la maglia del Toro. Poi mi convinsi e scelsi di restare a Genova". 

A chi ti ispiri da allenatore? "A nessuno, ma mi piace apprendere un po' da tutti. L'anno scorso sono stato quattro giorni a Castelvolturno per studiare il metodo Benitez". 

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