Quasi un déjà vu, l'allarme difensivo e quel vecchio vizietto. Intanto Napoli scopre il suo vero Cavani

Editoriale  
Quasi un déjà vu, l'allarme difensivo e quel vecchio <i>vizietto</i>. Intanto Napoli scopre il suo <i>vero Cavani</i>

Un sospiro di sollievo, ma che fatica. Quasi un déjà vu. Come lo scorso anno con la Sampdoria, sempre alla seconda giornata. Un 2-0 perentorio e poi il pareggio amaro. Altre situazioni, altro Napoli. Eppure il rischio è stato concreto anche questa volta. Perché dopo il raddoppio che mette in cassaforte il risultato, ecco che si torna a vedre quel vecchio vizietto su cui Sarri dovrà ancora lavorare. Ossia l'incapacità di gestire le partite, la mancanza di lucidità nel farlo. Come se questa squadra, perennemente spettacolare, fosse quasi afflitta da una maledizione. Forse il mito di Filippide. Sempre costretta a ritmi frenetici, con l'obbligo di imporre unicamente un gioco spettacolare. Quando poi c'è da controllare, ecco il black out. Ma questo Milan, sebbene sia ancora un cantiere aperto, per caratteristiche non perdona. Una formazione meno spartana ma più atieniese. Più fine e più elegante, meno rude. Una compagine che ama il palleggio, che predilige il gioco a viso aperto. Proprio come il Napoli. Anche così si spiegano i sei goal in 90 minuti. 

Intanto nel pazzo (e inesistente) giorno di Edinson Cavani, Napoli scopre il suo nuovo bomber. Quello vero. Non una suggestione irrealizzabile, ma una piacevole realtà. Subito una doppietta, il modo migliore per iniziare una nuova favola e per presentarsi ai propri tifosi. La soluzione più efficace anche per provare a liberarsi subito da un fardello enorme, un fantasma bianconero. Prima un goal sporc(hissim)o, poi un grande incornata nel pieno dell'area di rigore. Il prototipo del centravanti ideale. Ed anche questa sera un concetto chiave è stato ribadito: senza centravanti non si cantano messe. Soprattutto nel gioco di Sarri. 

Poi Dries Mertens, una furia. Il vero diavolo in campo. Elemento chiave in ogni singola azione partenopea. E se in porta non ci fosse stato quello scugnizzo fenomenale di Donnarumma, probabilmente il suo score sarebbe stato anche più alto. Ed ecco anche spiegata la preferenza di Sarri, per chi avesse avuto ancora dubbi. Viva la meritrocrazia. Niente gerarchie, niente ruoli. In campo solo e unicamente per meriti. Aspettando però il vero Insigne, altra grande risorsa per il tecnico azzurro. Nel frattempo Napoli si gode il suo folletto d'adozione, un talento pazzesco. E non fu di certo un caso se addirittura Maradona scene dall'Olimpo del calcio per osannarlo e chiedere al mister di impiegarlo di più. 

Tre punti d'oro, infine. Ma una linea difensiva da rivedere. Perché stasera la sufficienza la merita solo Raul Albiol. Poi tante, troppe, sbavature. Come quelle di Ghoulam, che a inizio gara viene graziato da Abate che clamorosamente sbaglia in area, o come le altre di Koulibaly che, tra gli altri, porta alla rete di Suso. Non benissimo anche Hysaj, in affanno su Niang. Un reparto arretrato in difficoltà pure poco sostenuto dalla mediana. Ma quel che conta, soprattutto all'avvio, sono i tre punti. Comunque sia, Pescara è stata già dimenticata

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