"Vede solo 14 giocatori". E se gli ex che puntano il dito avessero ragione?
"Il gioco del Napoli è tra i migliori d'Europa". Quante volte, da addetti ai lavori ai tifosi, abbiamo sentito questo tipo
"Il gioco del Napoli è tra i migliori d'Europa". Quante volte, da addetti ai lavori ai tifosi, abbiamo sentito questo tipo di elogio per la squadra di Maurizio Sarri. Da quando è approdato in azzurro, il tecnico ex Empoli ha iniziato una scalata verticale che ha collocato il Napoli nell'elite del calcio italiano ed europeo: vittorie e spettacolo, arrivate tutte (o quasi) sotto il dogma del bel calcio.
La formazione partenopea ha cambiato pelle da quando c'è Sarri alla guida: in 139 gare totali sono arrivate ben 93 vittorie, condite da 22 pareggi e 24 sconfitte. Un ruolino di marcia impressionate (Sarri ha quasi il 67% di vittorie con gli azzurri) che tuttavia ha spesso generato pareri discordanti su quello che si poteva vare e che invece è rimasto invariato.
Una rivoluzione per pochi
Nei due campionati precedenti il Napoli ha collezionato un 2° ed un 3° posto mentre in questa stagione, nonostante lo scivolone con il Sassuolo, è ancora in piena corsa per contendere il titolo alla Juventus. Non bastano però i numeri ed i risultati ottenuti per rasserenare un ambiente in trepidante e spasmodica attesa di un tricolore che manca da 30 anni. Sarri è il comandante delegato a condurre la nave in porto ma alcune delle sue scelte/teorie sono e continueranno ad essere motivo di dibattto.
Il tecnico azzurro è spesso stato bersagliato dalla critica per una gestione della rosa fin troppo ridotta. Nei suoi confrtonti sono stati diversi gli attacchi da parte degli ex partenopei che non hanno trovato spazio sufficiente nelle sue rotazioni.
- Manolo Gabbiadini, arrivato a Napoli nel gennaio 2015 sotto la guida Benitez, è rimasto sotto la guida Sarri per una stagione e mezza. Appena 49 presenze (14 gol) per un totale di 1757' minuti. Dopo la cessione di Higuain gli furono affidate le chiavi dell'attacco partenopeo insieme a Milik ma la gestione di Sarri portò ad un divorzio nel gennaio dello scorso anno: "Ero sempre in panchina, così non potevo andare avanti. Non mi sentivo partecipe e quando tornavo a casa ero triste, non è stata una bella sensazione. Ad un certo punto mi sono detto che dovevo ricominciare da campo, aspettare altri sei mesi a Napoli sarebbe stata dura”
- Il caso forse più clamoroso è legato a Nikola Maksimovic. Arrivato dal Torino per la notevole cifra di 26 milioni era considerato da tutti come il futuro pilastro della difesa partenopea. Il lungo lavoro per entrare nelle geometrie di Sarri non ha portato però i frutti sperati ed a gennaio è passato in prestito allo Spartak Mosca dopo 16 partite disputate (1 gol) per appena 1301' minuti collezionati: "Cosa è successo con Sarri? Lui è un tecnico che non cambia molto e non mi piace molto. Io cercavo spazio, anche per il Mondiale, ma lui ha fatto altre scelte. Io con lui però ho un buon rapporto e per lui avrò sempre buone parole".
- Il divorzio più rumoroso in termini di dichiarazioni è invece stato quello di Emanuele Giaccherini, arrivato a Napoli dopo un eccelente Europeo ma, forse a causa di qualche incongruenza tattica, non ha praticamente mai visto il campo. Il rapporto con Sarri, come detto dai due è sempre stato leale, ma la poca considerazione ha portato al passaggio al Chievo nell'ultima sessione di mercato. In azzurro ha disputato 24 partite (quasi tutte da subentrato) collezionando due gol e soli 504' minuti: Perché ha avuto così poco spazio con Sarri? "Me lo sono chiesto anche io. L’unica spiegazione è l’infortunio iniziale che mi impedì di far vedere a Sarri che sono una mezzala: restai fuori due mesi per uno strappo e nel frattempo arrivarono Zielinski e Rog. Così Sarri mi mise esterno, un ruolo che non faccio bene: per lui ero il vice Callejon. È stato un disguido tattico. Ho provato a dimostrare di poter comunque essere utile al Napoli, ma lui ormai aveva questa visione di me. In campionato ho fatto una sola gara da titolare e ho anche segnato. Ma non mi sono mai permesso di chiedergli perché non giocassi mai".
- L'ultimo esempio nell'era Sarri, è quello di Leonardo Pavoletti. Arrivato a gennaio 2017 dal Genoa per 18 milioni, il centravanti non riuscì a rimpiazzare l'infortunato Milik scivolando sempre più (anche con il ritorno del polacco) ai margini della panchina. In estate il suo passaggio al Cagliari ha messo fine alla breve parentesi partenopea: appena 10 presenza, nessun gol, per un totale di 289' minuti. Zero rancori: ci abbiamo provato, magari ci si poteva provare un po' di più, ma per una volta non ho preso il treno giusto. E' mancato l'incastro: appena arrivato potevo giocare ma non ero io, poi fra Mertens e Milik è mancato lo spazio e poi... Ma si, poi lì ero un po' un pesce fuor d'acqua: tempi di gioco, velocità e forse tecnica non per me, non era il gioco per valorizzare le mie caratteristiche.
- Ivan Strinic è stata un'altra meteora nella gestione Sarri. Appena 28 presenze e 2111' con un addio tra le polemiche: "L'esperienza nel Napoli di Sarri è stata formativa...il mio istinto adesso è sempre quello. Gioca veloce, gioca a un tocco. Non sono andato a Napoli per stare in panchina e guardare il mio conto in banca. Ho aspettato tanto la mia occasione, Sarri mi ha concesso qualche chance, ogni tanto. Ma non mi ha mai dato quella continuità di quelle 6-7-8 gare di fila, necessarie per dimostrare qualcosa. Eppure ogni volta che giocavo i giudizi e la critica erano positivi. Ma Sarri è fatto così, anche dal punto di vista umano è freddo"
La gestione maniacale di Sarri ha regole ferree e comporta un'immissione nel gruppo azzurro al 100%: qualora l'integrazione tecnico-tattica non sia perfetta la pena è il pochissimo utilizzo. Poco importa se i milioni spesi sono ingenti (i quattro esempi arrivano ad un totale di quasi 60 milioni): Sarri ha la sua visione della perfezione in campo ed un solo ingranaggio fuori posto potrebbe far inceppare il suo colladauto sistema.
Questo è un pensiero giusto per un allenatore ma, alla lunga, risulta efficace? La risposta sembra essere scontata: no. Il motivo è presto detto: la stanchezza accumulata dai titolarissimi rischia di diventare un fardello decisivo in questo finale di stagione. Cercare un'impresa titanica con 14-15 calciatori, abbandonando unilateralmente le Coppe, potrebbe non essere stata la scelta migliore. Sottraendo minuti, nel corso della stagione, ai vari Mertens, Insigne, Hamsik avrebbe potuto offrirci un Napoli più fresco in questo rush finale: certo, gli infortuni di Milik e Ghoulam hanno inciso notevolmente sulle rotazioni, ma avere un gregario di scorta pronto a dire la sua sarebbe potuto essere un vantaggio non indifferente...
di Riccardo Catapano - Twitter: @RikyCatapano
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