Il calcio verso lo stravolgimento, si pensa alle partite di 60 minuti

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I signori che dovrebbero tutelare le regole del pallone hanno deciso di stravolgerle. Ci hanno preso gusto: per decenni il cambio di una singola norma è sempre arrivato dopo lungo travaglio, un dettaglio e poi più nulla, magari una svolta, come il divieto sul retropassaggio e poi il silenzio, lunghi periodi dedicati all'abitudine. Ma da un anno e mezzo l'Ifab, l'organizzazione che stabilisce i codici del gioco, non fa che spingere verso la rivoluzione. 
Deve ancora partire davvero la Var e ora si parla del tempo effettivo, abbiamo visto solo tra i giovanissimi la rotazione dei rigori in stile tie break e ora si propone di mutuare un concetto del basket e cambiare la durata di una sfida: salutare i rituali 90 minuti e passare a due tempi da 30' l'uno, cronometro alla mano. Dopo aver preso dal tennis l'aggiornamento sulla sequenza dei tiri dagli 11 metri e dalla pallanuoto l'idea delle sospensioni a tempo e prima ancora di rodare, votare e attuare questo pacchetto di consistenti modifiche già introdotte in fase sperimentale, adesso si passa alla discussione sull'orologio e quello dell'arbitro dovrebbe essere sincronizzato con il tabellone in modo che tutto lo stadio si renda conto di quanto manca. Il confronto sul tema sarebbe ai preliminari, solo che qui siamo già ai dettagli. 
 In realtà il progetto è in fase ipotetica, segue la presentazione di uno studio in cui si dimostra che la media dei minuti giocati è già questa, che siamo abituati a vedere partite di un'ora e quel che resta è la palla che esce, il lamento dopo una botta, vera o presunta, la festa per il gol, cartelli, proteste, sostituzione. Poi si accende la lavagna e si recupera qualche minuto, gli altri 25 persi per sempre. L'Ifab non vuole tagliare ma concentrare, si ripromette un lungo dibattito. "Qualsiasi eventuale passo avanti sarà preceduto da attente valutazioni" e intanto arrivano approvazioni nobili come quella di Gianfranco Zola: "Non amo gli stravolgimenti, però stavolta mi sembra un'opzione sensata. Chi vince perde tempo, certe fasi sono un'interruzione continua. Così evitiamo i trucchetti, si gioca e basta". 
 Fa tutto parte di un unico colossale cambio che va sotto il titolo di Play Fair Strategy. La moviola in campo, arrivata alla Confederations Cup all'ultimo giro di test, è stata solo l'inizio. Poi tutta una serie di piccoli accorgimenti e grandi inversioni: il cartellino arancione per le colpe intermedie tra giallo e rosso, i capitani che sempre più dovranno essere gli unici interlocutori dell'arbitro, la stretta di mano tra allenatori e arbitri a inizio partita, la possibilità di espellere ancora prima del calcio di inizio se la tensione di certi match degenera in discussione fin da subito, la sostituzione extra nei supplementari, l'alternanza dei rigori rivisitata. Oggi si sono aggiunti alla lista: i 60 minuti reali, un nuovo ritocco al retropassaggio, forse reintegrato in certi momenti delicati, il rigore secco (se uno lo sbaglia nessun altro può calciare in rete), una più rigida interpretazione del fallo di mano, l'obbligo per l'arbitro di segnalare la fine del primo tempo o della partita solo ad azione finita. Tanto e tutto insieme. 
 David Elleray, il direttore tecnico della ristretta cerchia che rappresenta l'Ifab (quattro uomini delle federazioni britanniche più quattro membri Fifa) difende al linea radicale: "Giocatori, allenatori e arbitri sono d'accordo che il futuro del calcio dipenda dal comportamento e dal rispetto mantenuto in campo".  E vista l'urgenza pare che oggi il rispetto sia vicino allo zero. 
 La Var si attendeva da tempo, doveva essere una svolta epocale: ora sembra già vecchia e non l'abbiamo neanche vista sul serio in azione. Tra le tante proposte c'è molto di utile ma questo desiderio di golpe dà messaggi inquietanti. Sembra che sia tutto da buttare via.  

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